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La FED ha tagliato il tasso di riferimento di 25 punti base al target range del 4,25% -4,50% mercati
di Luca Lippi
La previsione mediana del FOMC (Federal Open Market Committee) mostra 50 punti base di tagli dei tassi nel 2025 al 3,9% ma hanno ridotto le previsioni di allentamento per il prossimo anno. Previsti solo 50 punti base di tagli nel 2025. Sotto osservazione sarà anche la politica economica del nuovo presidente eletto.
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La previsione dell’inflazione mediana PCE (misura della spesa per consumi personali) 2025 del FOMC sale al 2,5% rispetto al 2,1%. I funzionari della Fed stimano un tasso di disoccupazione del 4,3 per cento per il prossimo anno. La reazione al taglio ha creato una turbolenza nei mercati, il taglio influenza negativamente i principali asset rischiosi, tra cui indici, azioni e cripto, provocando al contempo un rialzo del dollaro statunitense e dei rendimenti dei bond statunitensi. Tuttavia, la turbolenza, allo stato dell’arte, non evidenzia grandi movimenti.
Il disallineamento tra le decisioni della Fed
C’è da tenere presente che a influenzare i mercati sono più i briefing di Powell delle decisioni effettive. Il dollaro sale al massimo da novembre 2022 dopo la decisione della Fed. Il fattore che obnubila momentaneamente gli equilibri è il cosiddetto “disallineamento” tra le decisioni della Fed e la risposta del mercato obbligazionario. Da una parte, Powell tenta di stabilizzare una politica monetaria più neutrale; dall’altra, il mercato sembra sfidare queste intenzioni, con i rendimenti a lungo termine che vanno nella direzione opposta. Forse è un segnale di scarsa fiducia sull’efficacia della Fed di contenere l’inflazione ma potrebbe essere anche un riposizionamento degli investitori che prevede una crescita economica più forte del previsto.
Il comportamento dei mercati nel 2025 è l’elemento da osservare attentamente. La Fed ha già indicato un percorso di ulteriori riduzioni dei tassi per il prossimo anno, ma i recenti dati sull’inflazione e sul mercato del lavoro potrebbero complicare questa narrativa.
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I segnali che contrastano la visione della FED mercati
Inflazione
Le ultime stampe dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) mostrano una crescita dello 0,3 per cento mese su mese, una progressione troppo incalzante per non essere valutata “rassicurante”. Tuttavia, il deflatore della spesa per consumi personali, la misura preferita dalla Fed, ha dato segnali più incoraggianti. Questo potrebbe consentire alla Fed di mantenere una politica monetaria più indirizzata alla crescita economica e all’occupazione rispetto al controllo dell’inflazione – la cosiddetta posizione “colomba” – ovviamente con cautela.
Mercato del lavoro
La disoccupazione sta aumentando e i salari diminuiscono. Questi segnali indicano che il mercato del lavoro sta perdendo slancio, il che giustifica ulteriori tagli per evitare un rallentamento eccessivo dell’economia. Per le famiglie e le imprese, il taglio dei tassi dovrebbe teoricamente portare a una riduzione dei costi di finanziamento. Tuttavia, con i rendimenti a lungo termine in aumento, il beneficio potrebbe essere limitato.
Mutui
I tassi ipotecari potrebbero non scendere in modo significativo, mantenendo alta la barriera per l’accesso alla proprietà immobiliare. Imprese: Le aziende che cercano di espandersi attraverso nuovi investimenti potrebbero continuare a trovarsi di fronte a costi di finanziamento elevati. Un altro elemento di incertezza riguarda il dollaro. I differenziali di tasso tra gli Stati Uniti e altre economie avanzate, come l’Eurozona e il Giappone, hanno mantenuto il dollaro forte. Questo penalizza le esportazioni americane, poiché i beni statunitensi diventano meno competitivi sui mercati internazionali. Il presunto indebolimento del Dollaro conseguente al timido taglio dei tassi potrebbe essere poco significativo senza il movimento parallelo delle altre banche centrali.
La semplice onda anomala
Questa fotografia è da tenere a mente per proiettare la visuale economica oltre l’orizzonte del nuovo anno, questo significa tutto e il suo contrario. Quando le politiche monetarie di una potenza economica come gli Stati Uniti entrano in contrasto con lo strapotere dei mercati è sempre complicato tracciare il percorso che seguirà. In ogni caso, valutata la consistenza dei flussi, si può tranquillamente ipotizzare una semplice onda anomala.
Chi scrive augura buone Feste a tutti e si impegna ad accompagnare tutti gli appassionati nel passato.
Siamo sicuri di avere imparato dagli errori del passato?
Perché Tra il 1920 e il 1929 quando gli Stati Uniti vivevano il loro periodo d’oro – il PIL cresceva, la disoccupazione era ai minimi e i mercati azionari registravano record su record – sotto sotto la temperatura di ebollizione di enormi squilibri stava per introdurre a un decennio infernale nel quale a farne le spese furono tutte le economie senza distinzione.
Crediti facili, sovrapproduzione, salari stagnanti e un’euforia fuori controllo avevano scollegato la finanza dall’economia reale. Nel 1929 crollò tutto in un solo giorno, spazzando via risparmiatori, investitori e intere economie. Osserveremo nel dettaglio tutta la crisi e troveremo molte similitudini ai giorni nostri. Le velocità sono cambiate e anche gli strumenti di controllo, ma siamo così sicuri di avere imparato dagli errori del passato? Che il 2025 inizi con la consapevolezza per ciascuno di noi che se non impareremo a occuparci dell’economia, sarà l’economia a occuparsi di tutti noi.