Home News Artrosi, una miniprotesi ispirata all’anca per ridare mobilità al pollice

Artrosi, una miniprotesi ispirata all’anca per ridare mobilità al pollice

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Dolore acuto alla base del pollice, gonfiore, difficoltà a svolgere semplici gesti quotidiani come usare una spillatrice o aprire un barattolo. Sono i segnali tipici della rizoartrosi, una delle forme di artrosi più diffuse al mondo, che colpisce l’articolazione trapezio-metacarpale del pollice

Al Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma, centro d’eccellenza per la chirurgia della mano, ogni anno si effettuano oltre 100 interventi dedicati a questa patologia, oggi affrontata con una nuova generazione di miniprotesi ispirate a quelle dell’anca.

Cos’è la rizoartrosi

«Il pollice – spiega il professor Lorenzo Rocchi, direttore della UOC di Ortopedia e Chirurgia della mano del Policlinico Gemelli IRCCS – svolge una funzione fondamentale come opponente rispetto alle altre dita, permettendoci di afferrare oggetti piccoli e grandi. Per farlo, si avvale di un’articolazione specifica, quella trapezio-metacarpale, situata alla base del pollice».

Proprio questa articolazione, in caso di rizoartrosi, degenera progressivamente a causa di fattori congeniti, microtraumi ripetuti o invecchiamento, portando a un progressivo attrito osseo, infiammazione cronica, dolore e perdita di funzionalità. «Molti pazienti presentano imperfezioni morfologiche congenite che favoriscono il deterioramento della cartilagine – continua Rocchi – fino alla degenerazione dell’articolazione».

La rizoartrosi è più comune tra le donne, soprattutto in età post-menopausale, e colpisce circa una donna su quattro e un uomo su dodici sopra i 70 anni, ma può insorgere anche nei giovani, soprattutto se svolgono lavori manuali o attività ripetitive che coinvolgono il pollice.

Sintomi: quando preoccuparsi

I campanelli d’allarme sono chiari: dolore alla base del pollice, gonfiore, calore, difficoltà nei movimenti di opposizione e afferramento, e deformazioni visibili. «Nei casi più avanzati il dolore può essere così forte da impedire il riposo notturno».

Trattamenti: dalla terapia conservativa alla chirurgia

Nelle fasi iniziali, la rizoartrosi può essere trattata in modo conservativo con:

  • Tutori termoplastici, anche su misura, per stabilizzare l’articolazione senza bloccare il movimento;
  • Terapie anti-infiammatorie, farmacologiche (sistemiche o tramite infiltrazioni) e fisiche (guanto caldo di paraffina, tecarterapia, infrarossi, laser terapia).

Ma quando il deterioramento articolare è avanzato e il contatto osso contro osso diventa cronico e doloroso, l’unica soluzione resta l’intervento chirurgico.

Le nuove protesi modulari: una rivoluzione chirurgica

Il vero salto di qualità è rappresentato dalle nuove protesi modulari, progettate specificamente per la base del pollice e ispirate alle protesi d’anca. Dopo i primi esperimenti francesi negli anni ’90 – spesso fallimentari per instabilità e riassorbimento osseo – dagli anni 2000 si sono affermati impianti altamente tecnologici. «Si tratta di protesi composte da stelo, collo, testa e coppa, realizzate in materiali porosi che favoriscono l’integrazione ossea – spiega Rocchi –. Il vantaggio? Si evita di asportare il trapezio, riducendo l’invasività dell’intervento e migliorando la stabilità e la mobilità nel tempo».

Prof. Lorenzo Rocchi

Una delle innovazioni più significative è la cosiddetta “doppia mobilità”, un sistema meccanico mutuato dalle protesi d’anca che riduce quasi a zero il rischio di lussazione. Dopo l’intervento, la mano viene semplicemente fasciata (niente gesso), e il paziente può iniziare la riabilitazione già dopo due settimane.

Quando è indicata la protesi

«L’intervento di artroplastica protesica è indicato – chiarisce Rocchi – solo in una parte selezionata di pazienti. Non è la scelta migliore nei casi con deformità scheletriche importanti o artrosi diffusa ad altre articolazioni della mano. In questi casi, resta valida la tradizionale trapeziectomia totale. Inoltre, nei pazienti che svolgono lavori manuali pesanti, l’impianto protesico può non essere indicato».

Il ruolo del chirurgo della mano

Infine, Rocchi sottolinea l’importanza di una valutazione personalizzata: «Una visita specialistica di chirurgia della mano rappresenta il passo più indicato per individuare la strategia terapeutica migliore, sia conservativa che chirurgica».

Annachiara Albanese