
di Felice Vincenzi
Banco BpM è stato condannato per non aver rispettato il proprio ruolo nella collocazione di diamanti da investimento attraverso il canale bancario. Un sonoro ceffone per un istituto che si picca di tutelare gli interessi dei clienti a un livello così elevato che nessun concorrente, sia pure di ben maggiori dimensioni, può neanche ipotizzare di acquisirne il controllo al fine di accrescere le potenzialità reciproche e creare un campione sovra nazionale del credito. Com’è il caso di UniCredit contro cui dal fortino di piazza Meda stanno erigendo barricate in nome della loro presunta specificità e di conseguenza per conservare l’autonomia.
La condanna di Banco BpM: un duro colpo alla credibilità dell’istituto bancario
Ma che cosa è successo a BpM? Il Tribunale di Monza ha condannato l’istituto di cui è amministratore delegato Giuseppe Castagna a risarcire quasi 440mila euro a clienti che si erano lasciati convincere a impiegare i propri risparmi nell’acquisto di diamanti da investimento da una società poi fallita, la Idb. Uno scivolone (se non di più) che l’informazione nazionale ha perlopiù “lisciato”…
Collocati come un “bene rifugio per eccellenza”, che tende a registrare “performance in continua a scesa” ed è facilmente ricollocabile, i diamanti si sono trasformati in un incubo per gli sfortunati clienti quando hanno cercato di venderli. Costoro hanno dovuto comprendere a proprie spese che l’alienazione sarebbe stata possibile, eventualmente, solo se trasformata in svendita. Nel frattempo l’istituto oggi guidato da Castagna aveva percepito un elevato compenso dalla Idb, comportandosi da intermediario e non da “segnalatore”. Un comportamento non certo specchiato, a quanto pare, né da banca amica dei clienti. Un comportamento che andrebbe ponderato nel momento in cui Banco BpM chiama a raccolta gli azionisti per difendersi da chissà quali barbari alle porte. Chissà che i barbari non stiano già dentro il fortino, invece. Meditate, gente, meditate…