
Uno studio che ha analizzato dati di 29 Paesi misura le disuguaglianze nella solitudine legate all’età
Sulla rivista Aging and Mental Health è stata pubblicata una ricerca condotta in 29 Paesi su oltre 64.000 adulti tra i 50 e i 90 anni, che ha utilizzato l’indice di concentrazione (COIN) per misurare le disuguaglianze nella solitudine legate all’età. L’Italia ha ottenuto un punteggio COIN positivo, indicando che gli over 70 sperimentano livelli di solitudine più elevati rispetto ai più giovani. Nel nostro Paese, il punteggio medio di solitudine tra gli adulti è di 1,3 su un massimo di 6, uno dei più alti in Europa occidentale.
Il dato, combinato con l’analisi demografica, mostra come quasi il 70% degli over 50 italiani abbia un’istruzione inferiore al diploma e più dell’80% non sia più attivo lavorativamente. È il dato sulla salute mentale quello che desta maggiore preoccupazione: circa il 35% degli intervistati italiani presentava sintomi compatibili con una forma di depressione. Questo è uno dei fattori che incide maggiormente sulle disuguaglianze legate alla solitudine.
Le differenze legate all’età
Lo studio ha identificato le cause che spiegano le disuguaglianze di solitudine legate all’età in Italia: essere non occupati; essere non coniugati (vedovi, separati o single). Quest’ultimo fattore ha un impatto particolarmente evidente nella popolazione anziana, dove lo status coniugale è fortemente legato al supporto sociale quotidiano; avere sintomi depressivi, che amplificano l’isolamento percepito e sono più diffusi tra le fasce più anziane.
Per gli autori dello studio, il messaggio evidente che emerge è che la solitudine non è un destino biologico, ma un fenomeno sociale, influenzato da fattori strutturali e culturali. Gli esperti raccomandano interventi mirati: programmi di supporto alla salute mentale per gli over 65; iniziative per promuovere la partecipazione sociale e il volontariato tra i pensionati; politiche per il sostegno alla vedovanza e alla solitudine abitativa, come cohousing (modello abitativo in cui le persone, spesso anziane o con disabilità, vivono in unità abitative private all’interno di una struttura che include anche ampi spazi comuni destinati alla condivisione; si tratta di una forma di “coabitazione” strutturata, dove gli abitanti condividono non solo spazi, ma anche servizi, attività e la progettazione della comunità) o spazi comunitari per anziani.
L’Italia si trova, quindi, di fronte ad una sfida crescente: contrastare la solitudine nella terza età. Lo studio dimostra che le radici del problema sono sia individuali che sistemiche. Per affrontarlo efficacemente servono politiche personalizzate e culturalmente sensibili, che tengano conto della complessa realtà demografica e sociale degli anziani italiani.
Redazione