
di Flavia Scicchitano
Negli ultimi anni si è osservato un aumento significativo dell’aspettativa di vita globale, con un conseguente invecchiamento generale della popolazione, ma contestualmente anche un incremento delle patologie croniche. Per prevenirne l’insorgenza e contrastarne la diffusione, insieme alle terapie farmacologiche, a ricoprire un ruolo fondamentale è l’alimentazione.
In particolare, alcuni approcci nutrizionali, dalle diete tradizionali a modelli dietetici più innovativi, possono offrire un contributo a una mortalità inferiore e a una longevità sana. A parlarne è Deborah Tognozzi, biologa nutrizionista, specialista in applicazioni biotecnologiche ed esperta in nutrizione clinica e dello sport, docente presso l’Università Unicusano di Roma al master Psicologia dello Sport – modulo Sport e Nutrizione.
Dottoressa Tognozzi, cosa si intende per longevità e che impatto ha l’alimentazione sulla qualità della vita?
Con il termine longevità si intende la capacità di vivere una vita lunga e in salute, mantenendo la vitalità fisica e mentale anche con il passare degli anni. Non si parla solo di durata della vita ma anche e soprattutto della sua qualità, sia dal punto di vista fisico che psicologico.

L’alimentazione è senza dubbio il primo e più importante fattore sul quale possiamo intervenire per influenzare non solo la durata della nostra vita, ma anche se ci verranno o meno diagnosticate alcune patologie importanti, nonché se, da anziani, saremo attivi e forti oppure sedentari e fragili. La nutrizione ricopre un ruolo fondamentale nella longevità, poiché essa può influenzare l’insorgenza o il decorso delle malattie, soprattutto croniche.
Mantenere un peso corporeo adeguato per tutta la durata della vita è il principio per un invecchiamento sano e una longevità, sempre rispettando i fabbisogni fisici nelle diverse fasi vitali ma rispecchiando i benefici della restrizione calorica moderata. Nell’alimentazione bisogna fare attenzione alla qualità e agli adeguati apporti nutrizionali di carboidrati, proteine e grassi, prediligendo quelli insaturi, in quanto una scorretta alimentazione può aumentare il rischio delle malattie croniche e della mortalità.
Siamo abituati a parlare della Dieta mediterranea come modello nutrizionale da seguire. In che consiste e quali patologie è in grado di contrastare?
La maggior parte delle diete di cui oggi si sente parlare possono anche essere efficaci nei confronti di problemi di salute come l’obesità o il diabete, ma la “dieta” migliore deve essere efficace per raggiungere l’obiettivo di farci rimanere giovani il più a lungo possibile, ottimizzando anche la protezione, la rigenerazione e il
ringiovanimento e minimizzando le malattie.
Un modello nutrizionale cui far riferimento, anche in età geriatrica, è sicuramente quello della dieta mediterranea. La dieta mediterranea riduce il rischio di malattie cardiovascolari e neurodegenerative. Il rapporto dei macronutrienti della dieta mediterranea è 60% di carboidrati (di origine integrale e a basso indice glicemico), 25% di grassi (massimo 10% saturi e 15% insaturi) e 15% di proteine. Sono preferibili carboidrati a basso indice glicemico e in quantità contenuta. E’ un modello alimentare equilibrato e bilanciato che è adatto a tutti e che, per la sua varietà, può essere modulato sulle esigenze di ciascuno. Tale modello nell’anziano prevede però delle integrazioni. In particolare, l’anziano deve porre molta attenzione al consumo di acqua che deve mantenersi (malgrado la fisiologica riduzione del senso di sete) intorno a 1,5 litri al giorno. Per il resto i diversi gradoni della classica piramide alimentare sono simili a quelli dell’adulto. E’ importante la corretta assunzione di proteine che spesso è insufficiente in quanto erroneamente si ritiene siano dannose.
Oltre alle diete più tradizionali esistono alcuni modelli dietetici che sono associati a una mortalità inferiore e a una vita più sana e longeva?
Si tratta di approcci nutrizionali che, pur rispettando le diverse culture di appartenenza, condividono molti componenti: una predominanza di cibi vegetali ricchi di nutrienti; carni rosse e lavorate limitate; erbe e spezie culinarie prevalenti nelle cucine globali.

Un esempio è la Dieta Dash, applicata principalmente per moderare l’ipertensione. La differenza con la dieta mediterranea è che questa focalizza l’attenzione sulla scelta degli alimenti per il loro contenuto di antiossidanti e sulla scelta di grassi polinsaturi che possono differire da quelli dell’olio extra vergine di oliva. Si da meno enfasi al consumo del pesce e si sconsiglia l’uso di alcol e vino. O ancora, la Dieta dei Centenari, dieta vegetale predominante che si osserva nell’isola di Okinawa, in Sardegna, in Calabria, in Costa Rica e in Grecia, dove risiedono i popoli più longevi al mondo.
Questi centenari mangiano spesso tre volte al giorno e poco la sera, hanno un’alimentazione prevalentemente vegetariana con molta frutta a guscio, un po’ di pesce, pochi zuccheri e grassi saturi e molti carboidrati complessi derivati da legumi o da altri cibi di origine vegetale. L’ apporto di proteine è notevolmente ridotto rispetto alle diete che siamo abituati a sostenere. Dagli ultimi studi sembra essere ottimale mantenere questa alimentazione fino ai 65 anni per poi aumentare di circa il 10-20% sia l’apporto proteico che nutritivo in generale.
Quanto invece al digiuno, è consigliabile seguire periodi di stop nell’alimentazione nel rispetto di regole nutrizionali?
Il digiuno e il digiuno intermittente sono sempre stati seguiti dall’uomo per motivi sia religiosi che culturali. Ci sono molti studi svolti negli ultimi anni che dimostrano gli effetti benefici del digiuno sulla salute e sulla longevità, nonché sul calo di peso ponderale. Il digiuno intermittente presenta diversi benefici, tra cui: migliora lo stato di salute cardiaco (uno studio del 2019 ha dimostrato un miglioramento dei livelli di colesterolo, una riduzione della pressione sanguigna e una riduzione del rischio di malattie cardiache); migliora la sensibilità insulinica (il corpo utilizza meglio l’insulina, l’ormone che regola i livelli di zucchero nel sangue); riduce l’infiammazione; migliora la salute del cervello; ha effetti positivi sulla rigenerazione cellulare; depura l’organismo; aumenta la vitalità.
Il digiuno intermittente prevede di mangiare per 8 ore al giorno e di digiunare per le restanti 16 ore definite in base alle esigenze della singola persona. Nel periodo di digiuno è importante bere per assicurare una giusta idratazione all’organismo mentre in quello di alimentazione è raccomandato consumare pasti sani ed equilibrati suggeriti da uno specialista della nutrizione, evitando il consumo di cibi spazzatura e ad alto contenuto calorico.