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Una terapia genica per la leucodistrofia metacromatica

Una ricerca dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget)

La leucodistrofia metacromatica (MLD) è una rara malattia genetica neurodegenerativa progressiva, una malattia lisosomiale che causa l’accumulo di solfatidi nel cervello e in altre parti del corpo. È causata da una carenza o assenza dell’enzima arilsulfatasi A, che porta alla demielinizzazione delle cellule nervose e al conseguente deterioramento delle funzioni neurocognitive e motorie. Colpisce in particolare i bambini nei primi anni di vita, compromettendone in modo progressivo e irreversibile le capacità motorie e cognitive.

Lo studio sulla terapia genica

Uno studio clinico pubblicato sul New England Journal of Medicine – condotto da un team guidato da Alessandro Aiuti, vice-direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget), primario dell’Unità Operativa di Immunoematologia Pediatrica all’Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Pediatria all’Università Vita-Salute San Raffaeleha dimostrato che la terapia genica può cambiare il decorso della malattia. Sviluppata dall’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget), la terapia genica, approvata in Europa nel 2020 e disponibile in Italia dal 2022, ha mostrato risultati straordinari se viene somministrata prima della comparsa dei sintomi.

Consiste in un’unica infusione di cellule staminali ematopoietiche del paziente, geneticamente corrette in laboratorio, preceduta da una leggera chemioterapia per favorirne l’attecchimento. Lo studio ha trattato 39 bambini e confrontato i risultati con quelli di 49 pazienti non trattati. Il 100% dei bambini trattati nella fase pre-sintomatica è sopravvissuto senza gravi disabilità motorie o cognitive, a fronte dello 0% nel gruppo non trattato. Molti dei piccoli pazienti che hanno ricevuto la terapia sono stati diagnosticati precocemente grazie alla presenza di fratelli o sorelle già colpiti dalla malattia. 

Il risultato di oltre 20 anni di lavoro

«Questo studio – ha affaermato Alessandro Aiuti è il risultato di oltre vent’anni di lavoro, di un’alleanza tra ricerca pubblica e industria, e della fiducia di tante famiglie. Abbiamo una terapia efficace. Ora serve uno strumento per intervenire in tempo: lo screening neonatale».

Lo screening neonatale, che analizza una goccia di sangue del neonato nei primi giorni di vita, potrebbe rappresentare la svolta per diagnosticare la MLD prima che sia troppo tardi. Sebbene in Italia questo tipo di screening sia obbligatorio per oltre 40 malattie genetiche, la MLD non è ancora inclusa, come nella quasi totalità del resto del mondo (con l’eccezione della Norvegia).

Redazione