
Una ricerca dell’Istituto Toniolo e dell’Università Cattolica fotografa le fragilità generazionali: più speranza dove c’è significato, relazioni e spiritualità
In un’Italia attraversata da trasformazioni profonde, solo il 47% dei giovani tra i 18 e i 34 anni dichiara di avere fiducia nel futuro. Una speranza che non è distribuita in modo uniforme: le donne risultano meno speranzose degli uomini, e il Nord Est si scopre meno fiducioso rispetto al Sud e al Nord Ovest. È quanto emerge dalla nuova indagine realizzata dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con il sostegno di Fondazione Cariplo.
Lo studio, intitolato “Università laboratorio di speranza” e promosso in occasione della Giornata per l’Università Cattolica (che si celebrerà domenica 4 maggio), ha analizzato il concetto di speranza tra i giovani, non limitandosi a una semplice percezione emotiva, ma misurandone l’articolazione attraverso la Scala integrata della Speranza. Quattro le dimensioni esplorate: Personal Mastery (la percezione di controllo e competenza nel plasmare il proprio futuro), Supporto (la rete di relazioni), Fiducia e Spiritualità.
«È fondamentale offrire ai giovani spazi intergenerazionali dove ricostruire un senso del vivere, intrecciare fiducia e ritrovare speranza», afferma Elena Marta, docente di Psicologia sociale e di comunità alla Cattolica.
Dove nasce (e dove manca) la speranza
Secondo la ricerca, le componenti più forti della speranza nei giovani italiani sono il supporto relazionale e il senso di efficacia personale, mentre risultano più deboli la fiducia negli altri e la spiritualità. I dati geografici mostrano variazioni interessanti: i giovani più speranzosi si trovano nel Nord Ovest (47,6%), seguiti dal Sud e Isole (46,2%), Centro (45%) e infine il Nord Est (44%).
Il Nord Ovest si distingue per una maggiore fiducia interpersonale, mentre il Sud mostra un livello più elevato di spiritualità – una dimensione che, secondo i ricercatori, gioca un ruolo decisivo nella costruzione del significato e nel sostegno psicologico.
Speranza e benessere vanno a braccetto
Lo studio mette in luce un legame solido tra speranza e qualità della vita. I giovani che si dichiarano più speranzosi mostrano livelli superiori di benessere emotivo, psicologico e sociale, oltre a una maggiore soddisfazione esistenziale. Elementi determinanti risultano essere la ricerca di significato, la realizzazione personale e il senso di appartenenza a reti di sostegno.
Significativo anche il dato sull’attività lavorativa: i giovani occupati hanno punteggi più alti in personal mastery, supporto e spiritualità rispetto a chi non lavora. Lo stesso vale per chi svolge attività di volontariato, anche saltuaria: l’impegno verso gli altri alimenta le radici della speranza, confermando il valore del coinvolgimento civico. «Colpisce – prosegue la professoressa Marta – che in una fase della vita solitamente ricca di sogni e progettualità, molti giovani e soprattutto le donne percepiscano scarsa speranza. Eppure, come dimostra la ricerca, essa è una chiave per vivere una vita piena e orientata al bene comune».
Una generazione in cerca di senso
Realizzata tra il 17 febbraio e il 3 marzo 2025 su un campione rappresentativo di 2.001 giovani italiani, la ricerca sottolinea come la speranza non sia una condizione astratta, ma il frutto di esperienze concrete: relazioni significative, autonomia, senso del vivere, spiritualità. In un mondo segnato da precarietà, conflitti e instabilità, la speranza rappresenta un orizzonte psicologico e sociale, oltre che etico. A fronte di questi dati, gli esperti lanciano un appello alle istituzioni educative, culturali e politiche: è urgente investire in luoghi di aggregazione e percorsi di accompagnamento esistenziale, capaci di far germogliare nuove forme di speranza.
Annachiara Albanese