
L’ultimo rapporto dell’OCSE evidenzia un aumento significativo delle restrizioni all’esportazione di materie prime industriali, alimentato dalla crescente domanda legata alla transizione verde e digitale
La crescente domanda di materie prime critiche, trainata dalla transizione verde e digitale e dalle preoccupazioni sulla sicurezza economica, sta portando a un aumento delle restrizioni all’export. A lanciare l’allarme è l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), che ha pubblicato l’Inventory of Export Restrictions on Industrial Raw Materials, un rapporto che offre agli stakeholder e ai decisori politici dati aggiornati e approfondimenti utili per individuare soluzioni meno restrittive in grado di bilanciare i bisogni degli importatori con gli obiettivi di sviluppo dei paesi produttori.
La nuova edizione del rapporto, relativa al 2025 e aggiornata fino alla fine del 2023, evidenzia un incremento di oltre cinque volte delle restrizioni all’export rispetto al 2009. In particolare, il 2023 ha visto un’accelerazione significativa, con oltre 500 nuovi prodotti minerari grezzi soggetti ad almeno una restrizione. Il tasso di crescita delle nuove restrizioni è stato più del doppio rispetto al 2022 e quasi il triplo rispetto al 2021.
Le conseguenze delle restrizioni: prezzi più alti e rischi per le catene di approvvigionamento
Secondo il Segretario Generale dell’OCSE Mathias Cormann, l’aumento delle restrizioni all’export di materie prime critiche rischia di far aumentare i prezzi e causare discontinuità nelle catene di approvvigionamento, compromettendo la crescita globale, l’espansione delle energie rinnovabili e i processi di digitalizzazione.
“Le restrizioni crescenti sulle materie prime critiche possono aumentare i prezzi e il rischio di interruzioni nelle catene di fornitura, minacciando la crescita globale e la transizione digitale,” ha dichiarato Cormann. “L’OCSE offre una base di dati unica per monitorare queste restrizioni e individuare soluzioni meno restrittive.”
Tensioni geopolitiche e gestione strategica
L’aumento delle restrizioni riflette un cambiamento più ampio nello scenario globale, caratterizzato da crescenti tensioni geopolitiche e una competizione strategica sempre più accentuata. In particolare, l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 ha provocato un picco nei prezzi delle materie prime e dell’energia, spingendo molti governi ad adottare un approccio più assertivo nella gestione delle risorse critiche.
Nel 2023, il 94% delle nuove restrizioni all’export è stato introdotto da appena sette paesi: Cina, Vietnam, Burundi, Russia, Repubblica Democratica del Congo, Zimbabwe e Laos. Questa concentrazione geografica dimostra l’influenza significativa di un numero limitato di attori sull’accesso globale alle materie prime.
Rifiuti e materie prime critiche le categorie più colpite
I materiali di scarto e rifiuto rimangono la categoria più frequentemente soggetta a restrizioni, spesso per motivi ambientali e per favorire catene di fornitura circolari. Tuttavia, stanno aumentando rapidamente anche le restrizioni su minerali e metalli grezzi, soprattutto quelli utilizzati come input nelle catene di approvvigionamento critiche.
Tra il 2021 e il 2023, il 14% del commercio globale di materie prime industriali non costituite da rifiuti ha subito almeno una restrizione all’esportazione. Gli impatti più significativi si sono registrati per cobalto e terre rare, con il 67% e il 46% dei rispettivi scambi internazionali colpiti.
Le nuove misure restrittive
Anche la tipologia delle restrizioni sta evolvendo. Sebbene tasse all’esportazione e licenze siano ancora comuni, si osserva una crescita marcata delle restrizioni quantitative, come divieti e quote di esportazione. Dal 2019, i divieti di esportazione sono diventati sempre più rilevanti, riflettendo politiche più assertive per trattenere il valore economico all’interno dei paesi produttori.
Di fronte a questa tendenza, l’OCSE sottolinea l’urgenza di trovare soluzioni meno impattanti, in grado di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti senza compromettere gli obiettivi di sviluppo delle nazioni ricche di risorse. Promuovere cooperazione internazionale e sviluppare strumenti normativi condivisi può contribuire a ridurre il rischio di frammentazione dei mercati e a mantenere stabili le catene di fornitura globali.
Annachiara Albanese