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Una goccia di futuro: il test del sangue che rivoluziona la diagnosi dell’Alzheimer

Scopri come un nuovo test del sangue approvato dalla FDA rappresenta una svolta epocale nella diagnosi precoce dell’Alzheimer, grazie all’identificazione dei biomarcatori cerebrali Aβ42 e pTau217

di Sofia Diletta Rodinò

Una svolta epocale per la diagnosi dell’Alzheimer

Una svolta che segna un prima e un dopo nella storia della neurologia. Con l’approvazione da parte della FDA del primo test ematico per la diagnosi precoce dell’Alzheimer, si apre una nuova era nella lotta contro una delle patologie neurodegenerative più temute e diffuse del nostro tempo. La Società Italiana di Neurologia (SIN) non esita a definirla una “svolta epocale”, che promette di trasformare radicalmente l’approccio diagnostico e terapeutico a questa malattia.

Diagnosi precoce dell’Alzheimer, la rivoluzione in una provetta

Per la prima volta sarà possibile individuare, attraverso un semplice prelievo di sangue, le alterazioni cerebrali caratteristiche dell’Alzheimer, in particolare la presenza delle proteine beta-amiloide (Aβ42) e tau fosforilata (pTau217). Il nuovo test, rapido, non invasivo e accessibile, si propone come un’alternativa concreta alle metodologie oggi in uso – PET cerebrale e puntura lombare – ancora troppo onerose in termini di costi, invasività e accessibilità territoriale.

Parola agli esperti: Padovani (SIN)

“Si tratta di un progresso storico”, afferma Alessandro Padovani, presidente della SIN, “che pone le basi per una medicina più predittiva e accessibile, proprio mentre in Italia cresce il numero di persone affette da demenza, oggi oltre un milione. È un’opportunità che il nostro sistema sanitario deve cogliere con prontezza per garantire diagnosi tempestive, terapie mirate e assistenza più vicina al cittadino”.

Diagnosi precoce e medicina di prossimità

Uno degli aspetti più rivoluzionari del nuovo test è la sua capacità di anticipare la diagnosi, anche in fasi molto iniziali, e di renderla disponibile in centri non specialistici, favorendo così un modello di medicina territoriale. Questo rappresenta un passo decisivo verso la personalizzazione delle cure, permettendo l’identificazione precoce dei pazienti che potrebbero beneficiare delle nuove terapie anti-amiloide – come lecanemab-irmb e donanemab – più efficaci se somministrate nelle fasi iniziali della patologia.

Verso una maggiore precisione diagnostica

L’impiego dei biomarcatori ematici consente inoltre di affinare la precisione diagnostica, contribuendo a distinguere l’Alzheimer da altre forme di demenza, e riducendo così il rischio di errori o ritardi. La possibilità di monitorare nel tempo l’evoluzione della malattia e la risposta alle terapie rafforza ulteriormente il ruolo del test come strumento centrale nel percorso clinico del paziente.

Sostenibilità e sistema sanitario

Non meno importante è l’impatto sulla sostenibilità del sistema sanitario. L’adozione diffusa di questo test consentirà un uso più efficiente delle risorse, riservando le indagini più complesse solo ai casi selezionati. Un beneficio non trascurabile in un’epoca in cui l’efficienza delle politiche sanitarie si misura anche sulla capacità di ottimizzare i costi senza sacrificare la qualità delle cure.

Prospettive: dalla ricerca alla clinica

Studi internazionali – come Clarity-AD e Trailblazer-ALZ 2 – e ricerche italiane dimostrano che l’efficacia dei nuovi farmaci è strettamente correlata alla presenza di specifici biomarcatori, confermando la centralità di una diagnosi biologica precoce. Con la disponibilità del test ematico, questo paradigma può finalmente diventare realtà clinica, segnando l’inizio di una nuova fase nella storia della neurologia.