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Rapporto AlmaLaurea 2025: cresce l’occupazione, ma il mismatch resta una sfida per i laureati

Il XXVII Rapporto fotografa la condizione dei laureati tra crescita occupazionale e nuove sfide formative. Aumentano i contratti stabili e le esperienze all’estero, ma il disallineamento con il mercato del lavoro colpisce ancora un laureato su tre.

di Sodia Diletta Rodinò

Laureati sempre più dinamici, internazionali e ambiziosi, ma ancora alle prese con il cronico disallineamento tra formazione accademica e mercato del lavoro. È questo, in estrema sintesi, il quadro delineato dal XXVII Rapporto AlmaLaurea sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei laureati, presentato oggi all’Università degli Studi di Brescia, nel corso del convegno “Laureati e lavoro nel prisma del mismatch”. Un evento che ha visto la partecipazione del Ministero dell’Università, della CRUI e dei vertici AlmaLaurea, con l’intervento centrale della direttrice Marina Timoteo.

Occupazione in crescita, tasso record a un anno dal titolo

I dati occupazionali parlano chiaro: il tasso di occupazione a un anno dalla laurea ha toccato il massimo del decennio (78,6%), sia per i laureati triennali sia magistrali, con aumenti significativi rispetto al 2023. A cinque anni, la stabilità è ancora più solida: oltre il 90% è occupato, con un trend positivo anche per i contratti a tempo indeterminato, che superano il 73% per i laureati triennali.Sul fronte retributivo, si registra un recupero in termini reali: a un anno dalla laurea, la media netta mensile è di circa 1.490 euro, mentre a cinque anni sfiora i 1.850 euro. Tuttavia, oltre un terzo dei laureati continua a ritenere inadeguata la propria retribuzione.

Esperienze all’estero e mobilità Sud-Nord in aumento

Segnali incoraggianti anche sul fronte dell’internazionalizzazione: oltre il 10% dei laureati ha svolto un’esperienza di studio all’estero riconosciuta, con un impatto diretto sulla probabilità di occupazione (+7,9% a un anno dalla laurea). L’Erasmus rimane lo strumento principale, ma crescono anche le esperienze “Overseas” e i tirocini internazionali. Prosegue anche la mobilità geografica interna, con una quota crescente di studenti del Sud che si laureano in atenei del Centro-Nord (28,7%, in costante crescita dal 2014). Un fenomeno che resta condizionato dallo status socioeconomico: a migrare sono soprattutto i giovani provenienti da famiglie più agiate.

Il mismatch formazione-lavoro: uno su tre in posizione non coerente

A fronte dei progressi occupazionali, persiste un nodo strutturale: il mismatch tra studi svolti e impieghi trovati. A un anno dalla laurea, il 30-40% dei giovani svolge lavori che non richiedono la laurea o non utilizzano pienamente le competenze apprese, con picchi nei settori umanistico, psicologico, artistico e politico-sociale. Anche a cinque anni la quota resta significativa, coinvolgendo almeno un quarto degli occupati. Donne e figli di genitori laureati risultano meno esposti al fenomeno del disallineamento, segno che background familiare e dinamiche di genere continuano a pesare nella costruzione del futuro lavorativo.

Percorsi liceali, regolarità in calo, ma alta soddisfazione

Il 73% dei laureati proviene da un percorso liceale, soprattutto scientifico e classico. Tuttavia, l’età media alla laurea torna a salire (25,8 anni) e cala la regolarità negli studi: il 58,7% conclude nei tempi previsti, in flessione rispetto al 2022. Un effetto, secondo AlmaLaurea, legato alla fine delle proroghe Covid. Nonostante ciò, la soddisfazione per l’università rimane alta: il 90,2% è contento del corso frequentato e il 72,2% rifarebbe la stessa scelta. Le borse di studio sono in crescita (27,8% ne ha beneficiato), e la soddisfazione per i tirocini è alle stelle (94,3%).

Il lavoro all’estero, guadagni doppi, ma pochi vogliono tornare

I laureati che scelgono di lavorare all’estero sono una minoranza (4-5%), ma guadagnano molto di più: fino a 2.900 euro netti al mese a cinque anni dalla laurea (+61,7% rispetto a chi resta in Italia). Tuttavia, il “brain return” resta improbabile: il 72% valuta poco o per nulla probabile il rientro in patria nei prossimi cinque anni.

Laureati più selettivi e attenti alle condizioni

Cambia l’atteggiamento dei giovani nei confronti del lavoro: sempre meno sono disposti ad accettare impieghi sottopagati o non coerenti con gli studi. Cala, infatti, la quota di chi accetterebbe retribuzioni sotto i 1.250 euro, mentre cresce la selettività verso impieghi “di ripiego”: solo il 21% accetterebbe incondizionatamente un lavoro non coerente, contro il 30% del 2016.

Redazione