Home Mondo Banche centrali all’esame di (im)maturità: l’oro torna protagonista, ma ha ancora senso?

Banche centrali all’esame di (im)maturità: l’oro torna protagonista, ma ha ancora senso?

Oro e banche centrali

Il World Gold Council registra un’accelerazione storica negli acquisti di oro da parte delle banche centrali. Ma è una mossa razionale o un sintomo di instabilità globale?

di Luca Lippi

L’ultima indagine del World Gold Council rivela un consenso senza precedenti: quasi la totalità degli istituti monetari globali prevede un aumento delle riserve auree. Nessuno intende vendere. È la nuova ancora contro l’incertezza geopolitica e la perdita di potere del biglietto verde. Un verdetto senza appello arriva dal World Gold Council, che con la sua “attesissima” (?) survey annuale sulle riserve auree delle banche centrali fotografa una trasformazione epocale. L’oro, l’antico bene rifugio per eccellenza, non è mai stato così desiderato da chi governa la moneta. I risultati parlano chiaro: il 95 per cento degli istituti centrali intervistati si aspetta un aumento delle riserve auree globali nei prossimi dodici mesi, e un sorprendente 43 per cento dichiara di voler incrementare attivamente le proprie scorte. La vera notizia? Nessuna banca centrale prevede di vendere. Zero. È un consenso quasi unanime, un record assoluto che segnala come la tendenza all’accumulo, iniziata con decisione nel 2022, sia ormai diventata una strategia strutturale e di lungo periodo.

Perché l’oro? I quattro pilastri di una scelta “alternativa”

In un mondo frammentato da tensioni geopolitiche e minacciato dall’inflazione, le banche centrali stanno riscrivendo le regole della gestione delle riserve. L’oro, pur essendo un asset senza rendimento intrinseco, emerge come la risposta più solida alla perdita di fiducia nelle valute tradizionali. Secondo il report, i motivi di questa scelta strategica sono chiari e condivisi: l’oro è visto come uno scudo fondamentale contro l’inflazione e le crisi economiche; in un panorama sempre più multipolare, possedere oro fisico garantisce una maggiore autonomia e sicurezza; è considerato un asset liquido, affidabile e, soprattutto, “senza rischio di default”, a differenza del debito sovrano; rappresenta la via maestra per allontanarsi dalla dipendenza dal dollaro americano.

Il tramonto del Dollaro?

La corsa all’oro è l’altra faccia della stessa medaglia: la progressiva perdita di centralità del dollaro. Sebbene il biglietto verde resti ancora la valuta di riserva dominante, il suo futuro appare incerto agli occhi degli stessi banchieri centrali. Ben il 73 per cento degli intervistati si aspetta infatti che la quota del dollaro nelle riserve globali diminuirà nei prossimi cinque anni. E chi riempirà questo vuoto? Secondo il report, i maggiori candidati sono proprio l’oro e, in seconda battuta, lo yuan cinese (?).

I numeri confermano la tendenza

Questa strategia non è solo un’intenzione, ma una realtà già visibile nei dati. Il report Gold Demand Trends del primo trimestre dell’anno mostrava già acquisti per 244 tonnellate da parte delle banche centrali, in linea con i livelli record degli ultimi tre anni. A guidare la classifica sono state la Polonia (+49 tonnellate), la Cina (+13tonnellate) e il Kazakhstan (+6tonnellate), a conferma di un trend globale. L’elemento più significativo, però, è il cambio di passo. Se fino a pochi mesi fa la domanda era trainata soprattutto dagli investitori retail e dai flussi negli ETF, oggi il vero motore strategico sono proprio le banche centrali. L’oro non è più solo un bene rifugio da usare nei momenti di panico, ma sta diventando la nuova ancora del sistema monetario globale. In conclusione, l’acquisto di oro si trasforma in una vera e propria dichiarazione di indipendenza monetaria. Mentre il dollaro perde peso, il metallo giallo riconquista la centralità che aveva perso decenni fa, preparandosi a un ruolo da protagonista nel futuro economico mondiale.

Ha senso tutto questo?

A volerlo trovare, un senso si trova, ma a parere modestissimo di chi scrive non c’è! A fare incetta di oro sono paesi che finanziariamente ed economicamente non hanno alcun futuro autonomo. Provò il Giappone tanto tempo fa ed è rimasto impigliato nella sua stessa rete. In un mondo normale non avrebbe alcun senso mettere nella pancia tanto oro, anzi, sarebbe un appetibile bottino per un invasore. Il problema vero è che ormai aleggia un senso di anormalità che è ai limiti del grottesco. Sulla base di questo, qualunque cosa diventa “valida alternativa”.

Il fattore più importante non è economico, ma geopolitico. Il congelamento delle riserve in dollari della banca centrale russa nel 2022 è stato un campanello d’allarme per tutto il mondo, specialmente per i paesi non allineati con l’Occidente. La “Weaponization” del dollaro: le nazioni hanno capito che le loro riserve in dollari non sono interamente sotto il loro controllo. Possono essere congelate o sequestrate per ragioni politiche. L’oro, se detenuto fisicamente nei propri forzieri (oro fisico, non ETF), è un asset senza controllo politico esterno. Nessuno può bloccarlo con un clic. La crescente influenza di potenze come la Cina e l’India sta spingendo verso un sistema monetario meno dollaro- centrico. L’oro è visto come un asset neutrale, un ponte tra diverse sfere di influenza. Acquistare oro è una mossa per guadagnare sovranità monetaria e ridurre la dipendenza strategica dagli Stati Uniti.

Il rischio di controparte (Counterparty Risk)

Questa è una distinzione fondamentale che un investitore retail spesso trascura. Un titolo di stato USA (Treasury) è una promessa di pagamento. Ti fidi che il governo degli Stati Uniti onorerà il suo debito. È il debitore più affidabile al mondo, ma resta pur sempre un debitore. L’oro fisico non è una promessa di nessuno. È un asset tangibile il cui valore non dipende dalla solvibilità di un’altra entità. Non ha rischio di
controparte. In ogni caso, nei momenti di crisi, devi trovare il babbeo che te lo compra, una crisi lo è per tutti! In un’era di debiti globali a livelli record, le banche centrali stanno aumentando la quota di asset nel loro bilancio che non dipendono dalla promessa di qualcun altro.

Dubbi sulla sostenibilità del debito USA a lungo termine

Il disavanzo è sufficientemente ampio per sostenere il ruolo del dollaro. Un grande deficit significa che ci sono molti titoli di stato USA (Treasuries) disponibili per il resto del mondo da acquistare, e questo sostiene il sistema del dollaro. A lungo termine un deficit che cresce in modo incontrollato solleva dubbi sulla sostenibilità futura. Cosa succederà tra 10, 20 o 30 anni? E’ esattamente la domanda che gli operatori si facevano 10, 20, 30 anni fa! Oggi le banche centrali, che hanno un orizzonte temporale lunghissimo, si chiedono: “Gli USA saranno sempre in grado (o disposti) a ripagare questo enorme debito senza svalutare pesantemente la loro moneta? Fino a prova contraria rimane il debito col rating maggiore e se proprio dovessi prestare del denaro a qualcuno lo presterei più volentieri a chi ha maggiori garanzie degli altri!

L’Inflazione non è il passato, ma un rischio futuro

Anche se l’inflazione attuale si sta normalizzando, lo shock inflazionistico del 2021-2023 ha lasciato una cicatrice profonda. Ha dimostrato che periodi prolungati di inflazione elevata sono ancora possibili. Le banche centrali stanno comprando oro non tanto per l’inflazione di oggi, ma come copertura contro futuri shock inflazionistici che potrebbero erodere il valore reale delle loro riserve valutarie. L’oro ha una storia millenaria come riserva di valore proprio in questi scenari. Alla luce di tutto questo, manca la razionalità, prima di tutto perché le monete non sono agganciate all’oro, secondo perché le banche sono tutte private, comprese le banche centrali, e quindi la scusa di tutelare il futuro delle generazioni non trova logica, semmai è la tutela del futuro degli azionisti. Ci fosse meno cultura del panico e più cultura in generale, probabilmente certi argomenti non meriterebbero consessi così prestigiosi, sono piuttosto argomenti da catene di “compro-oro”. La Finanza la ricordavo una scienza più seria.