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Attività fisica in Italia: torna ai livelli pre-Covid ma solo un adulto su due è attivo

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Secondo i dati del sistema di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento dell’ISS, nel biennio 2023-2024 aumentano leggermente gli italiani che fanno attività fisica, ma i sedentari restano troppi e preoccupano le disuguaglianze territoriali e sociali. italia

Di Sofia Diletta Rodinò

La buona notizia è che, dopo gli anni della pandemia, gli italiani stanno lentamente tornando a muoversi. Secondo quanto riportato dall’Istituto Superiore di Sanità attraverso i sistemi di sorveglianza PASSI (che monitora la popolazione tra i 18 e i 69 anni) e PASSI d’Argento (dedicato agli over 65), la quota di persone fisicamente attive è tornata ai livelli pre-Covid, registrando un lieve miglioramento rispetto al periodo 2020-2021. Tuttavia, il quadro complessivo rimane tutt’altro che rassicurante.

La sedentarietà resta un problema per un terzo degli italiani

Nel biennio 2023-2024, solo il 50% degli adulti italiani e appena il 42% degli anziani risultano sufficientemente attivi secondo i criteri stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che raccomanda almeno 150 minuti di attività moderata a settimana oppure 75 minuti di attività intensa. Si tratta di numeri ancora troppo bassi per un Paese che affronta una crescente incidenza di malattie croniche e dove l’inattività fisica continua ad avere un impatto sanitario e sociale considerevole.

Un aspetto positivo è rappresentato dalla diminuzione della quota di sedentari. Tra gli adulti, la percentuale è scesa dal 31% rilevato nel 2020-2021 al 27% del biennio attuale. Un miglioramento si osserva anche tra gli over 65, dove i sedentari sono passati dal 42% al 37%. Ma il fatto che più di un terzo degli anziani non svolga alcun tipo di attività fisica resta comunque un dato allarmante, soprattutto se si considera il ruolo fondamentale del movimento nel prevenire fragilità, cadute, isolamento sociale e patologie cronico-degenerative.

Molti si credono attivi ma non lo sono

Il rapporto ISS segnala anche una percezione spesso distorta del proprio stile di vita: molti italiani si considerano attivi pur non rispettando i parametri minimi raccomandati. Tra i cosiddetti “parzialmente attivi”, ben il 38% ritiene di fare abbastanza attività, così come il 23% dei sedentari, a dimostrazione di una scarsa consapevolezza dei benefici dell’esercizio fisico e dei reali standard da raggiungere.

Le disuguaglianze territoriali e socio-economiche si confermano un ostacolo rilevante: al Sud la percentuale di sedentari è sensibilmente più alta rispetto al Nord e al Centro, mentre chi ha un basso livello di istruzione o vive in condizioni economiche difficili tende a praticare meno attività fisica. Questi elementi, insieme alla carenza di interventi mirati, rendono ancora più difficile colmare il divario e garantire pari opportunità di salute.

Solo il 30% degli adulti riceve consigli sull’attività fisica da operatori sanitari

Un altro elemento critico emerso dal report è il ruolo ancora marginale della medicina preventiva. Solo il 30% degli intervistati adulti riferisce di aver ricevuto un consiglio da un operatore sanitario per aumentare il proprio livello di attività fisica. Una percentuale che cresce, ma non in maniera soddisfacente, tra i soggetti con patologie croniche o in sovrappeso, confermando la necessità di coinvolgere maggiormente i professionisti sanitari nella promozione della salute attraverso l’esercizio.

Il sistema di sorveglianza PASSI, attivo ormai da anni e coordinato a livello centrale dall’ISS, si conferma uno strumento di riferimento fondamentale per valutare l’efficacia delle politiche di prevenzione. Con oltre il 90% di copertura delle ASL e un tasso di risposta che si aggira intorno all’80%, rappresenta un patrimonio informativo prezioso per orientare gli interventi in sanità pubblica, in linea con le indicazioni del Piano nazionale della prevenzione.

Il messaggio che emerge da questi dati è chiaro: è il momento di investire seriamente sulla cultura del movimento. Occorrono campagne di informazione più efficaci, iniziative mirate a coinvolgere le fasce più vulnerabili della popolazione, e una maggiore integrazione dell’attività fisica nella pratica clinica quotidiana. Ma servono anche politiche urbanistiche che favoriscano la mobilità attiva, la presenza di spazi verdi accessibili, la sicurezza delle infrastrutture sportive e la valorizzazione di stili di vita sani fin dall’infanzia.