
A Madrid la sperimentazione di un trattamento genetico contro la SLA ereditaria segna un potenziale punto di svolta nella lotta a una delle malattie neurodegenerative più aggressive
Una speranza genetica contro la SLA: il caso tofersen
All’ospedale La Paz di Madrid, in Spagna, è in corso una sperimentazione che potrebbe cambiare la storia della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). I ricercatori stanno somministrando ai pazienti tofersen, un farmaco innovativo progettato per rallentare la progressione della SLA ereditaria e preservare la funzione neuronale. Secondo i medici coinvolti, si tratta di un risultato mai raggiunto prima.
Il tofersen agisce sul gene SOD1, mutato nel 2% dei pazienti affetti da SLA. Sebbene questa percentuale possa sembrare esigua, rappresenta un’importante svolta scientifica. La SLA familiare copre infatti il 10% dei casi totali, di cui il 70% è riconducibile a mutazioni note in quattro geni: C9orf72, SOD1, FUS e TARDBP. Il restante 90% riguarda forme sporadiche, le cui cause sono ancora sconosciute.
Secondo i dati forniti dalla Società Spagnola di Neurologia (SEN), ogni anno in Spagna vengono diagnosticati circa 900 nuovi casi di SLA, con oltre 4.000 pazienti attualmente affetti. La malattia colpisce i motoneuroni, compromettendo progressivamente le funzioni motorie, la comunicazione, la deglutizione e infine la respirazione.
Tofersen e SLA: a La Paz una sperimentazione che cambia la lotta alla malattia
La sperimentazione del tofersen è sostenuta dal sistema sanitario pubblico spagnolo, segno della volontà istituzionale di investire nella ricerca genetica applicata alla neurologia. Gli studi mostrano che il farmaco inibisce la produzione della proteina mutata che danneggia i motoneuroni, e che potrebbe modificare l’evoluzione clinica della malattia. Le prime evidenze suggeriscono che le scale funzionali di valutazione – che misurano la capacità del paziente di parlare, camminare, respirare, nutrirsi – stanno migliorando nei soggetti trattati.
Anche la Fondazione Luzón ha espresso ottimismo. L’organizzazione, impegnata nel sostegno ai malati di SLA, sottolinea che con questa malattia non si torna indietro: la sopravvivenza media è di 3-4 anni dalla diagnosi, ma circa il 10% dei pazienti vive per oltre 10 anni.
Il successo del tofersen apre la strada a nuovi trattamenti personalizzati, capaci di agire direttamente sui meccanismi genetici della malattia. Sebbene oggi sia rivolto solo a chi presenta la mutazione SOD1, rappresenta una prova di concetto: è possibile intervenire sul DNA per modulare l’avanzamento di una patologia neurodegenerativa.
In parallelo, proseguono le ricerche su terapie applicabili a tutti i pazienti con SLA, indipendentemente dal profilo genetico. Dalla lotta allo stress ossidativo all’uso di anticorpi monoclonali contro le proteine infiammatorie, il panorama scientifico è in fermento.
La raccomandazione attuale è chiara: offrire uno studio genetico a tutti i pazienti con SLA, anche in assenza di familiarità. Solo così si potrà cogliere l’opportunità di accedere a cure mirate, capaci di trasformare la diagnosi di SLA da condanna a gestione a lungo termine.
Redazione