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STELLANTIS: TRIMESTRALE PENOSA, DIVIDENDI RECORD E IN ITALIA SCOMPARE

Stabilimento Stellantis Italia in crisi – calo produzione auto 2025

Stellantis chiude un primo trimestre 2025 negativo: -14% ricavi, -36% produzione in Italia, dividendi record e futuro incerto per il settore automotive

di Luca Lippi

Il colosso automobilistico Stellantis sta attraversando un periodo di profonda difficoltà, come confermato dagli ultimi dati trimestrali. Con un fatturato in calo del 14 per cento e consegne diminuite del 10 per cento rispetto all’anno precedente, il quadro è allarmante. Un dato su tutti simboleggia la gravità della situazione: in Italia, la produzione di auto è scesa a livelli che non si vedevano dal 1956.

Stellantis e la crisi dell’automotive europeo

L’industria automobilistica europea sta attraversando una fase di marcata difficoltà, con una produzione in continuo calo. Con 11,4 milioni di autovetture prodotte nel 2024 (-6,2 per cento su base annua), l’Europa continua a perdere quote di mercato a favore dell’Asia, un trend negativo che dura da quasi un decennio. Il problema principale risiede nella scarsa competitività, dovuta agli elevati costi di produzione europei, in particolare per lavoro ed energia. Questa dinamica costringe i grandi marchi, inclusi Volkswagen, Volvo e Stellantis, a delocalizzare le fabbriche in altre aree del mondo. All’interno di questo scenario critico, la situazione di Stellantis si distingue per una particolare gravità, frutto di sfide che vanno oltre la crisi generale del settore.

I risultati del primo trimestre

L’analisi dei dati finanziari di Stellantis per il primo trimestre 2025 – gennaio-marzo – delinea una significativa contrazione. I ricavi si sono attestati a 35,8 miliardi di euro, con una flessione del 14 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024, mentre le spedizioni globali sono diminuite del 9 per cento a 1,2 milioni di unità. La debolezza è stata particolarmente marcata nei due mercati principali: in Nord America, che genera il 40 per cento del fatturato, i ricavi sono crollati del 25 per cento e le spedizioni del 20 per cento; in Europa, che vale un altro 40 per cento, le consegne hanno registrato un calo dell’8 per cento.

Le prospettive future

Lo scenario futuro rimane complesso e soggetto a rischi. La potenziale introduzione di nuovi dazi sulle importazioni di veicoli negli Stati Uniti rappresenta una minaccia concreta per il settore. A questo si aggiunge la decisione del management di sospendere la guidance finanziaria per il 2025, una mossa che, pur riflettendo la volatilità del contesto macroeconomico, aumenta la percezione del rischio da parte degli investitori.

Opportunità di crescita

Nonostante il quadro generale resti difficile, emergono alcuni segnali positivi. In Europa, Stellantis ha guadagnato 1,9 punti percentuali di quota di mercato – raggiungendo il 17,3 per cento – e si è affermata come leader nel segmento delle auto ibride – 15,5 per cento – e secondo player in quello delle elettriche – 13 per cento -. Una solida crescita si registra anche in Sud America (+19 per cento le spedizioni), mentre negli Stati Uniti, dopo un 2024 difficile, si nota una stabilizzazione, con gli ordini retail di marzo 2025 in aumento dell’82 per cento anno su anno. Un importante vantaggio strategico rimane la produzione locale: assemblando il 57 per cento dei veicoli venduti direttamente negli USA, il gruppo risulta meno esposto di altri competitor europei a eventuali nuove tariffe commerciali.

I numeri dello stabilimento italiano

La performance di Stellantis in Italia presenta un quadro ancora più critico rispetto ai dati globali. Nel primo trimestre del 2025, la produzione di veicoli negli stabilimenti italiani è crollata del 36 per cento, fermandosi a sole 109.900 unità. Si tratta di un volume produttivo che non si registrava dal 1956, un dato che rappresenta un grave campanello d’allarme per l’intero tessuto industriale nazionale e il suo indotto.

Secondo le organizzazioni sindacali, la situazione è il risultato di una “tempesta perfetta” che combina tre fattori principali: una domanda di mercato ancora debole, una transizione verso l’elettrico che rallenta l’operatività di diversi impianti in fase di riconversione e, infine, la minaccia di nuovi dazi statunitensi che penalizzerebbero le esportazioni. In questo contesto, il governo italiano ha richiesto all’azienda misure concrete per salvaguardare la produzione nazionale, ricordando il significativo sostegno pubblico fornito al gruppo nel corso dei decenni. Si stima che, negli ultimi 30 anni, tra prestiti agevolati, garanzie e ammortizzatori sociali, lo Stato abbia erogato aiuti per oltre 20 miliardi di euro. Questa storia di supporto pubblico rende particolarmente controversa la recente strategia finanziaria di Stellantis. Nonostante il calo produttivo, negli ultimi anni l’azienda ha distribuito agli azionisti 23 miliardi di euro tramite dividendi e riacquisti di azioni proprie. A ciò si aggiungono gli elevati compensi del management, come i 100 milioni di dollari ricevuti dal CEO Carlos Tavares in quattro anni. La critica non si concentra sulla legittimità di tali operazioni, ma sulla loro coesistenza con la crisi produttiva e l’ampio ricorso a fondi statali.

Effetto sull’occupazione e sull’indotto

Le conseguenze sul piano occupazionale sono state pesanti. Dal 2021, il numero di dipendenti in Italia è sceso da quasi 53.000 a meno di 40.000, con una perdita di 13.000 posti di lavoro, in gran parte gestita tramite esodi incentivati e un massiccio utilizzo della cassa integrazione – costo per lo Stato 886 milioni di euro dal 2014 a oggi -. Il declino produttivo è legato anche a un problema strutturale di competitività. Gli stabilimenti italiani registrano una produttività inferiore del 38 per cento rispetto a quelli spagnoli, mentre l’azienda investe in nuovi impianti in Paesi a minor costo del lavoro, come la Serbia. Questa dinamica alimenta il timore di un progressivo disancoraggio di Stellantis dall’Italia, nonostante il Paese sia la culla del suo marchio storico, Fiat, e ospiti ancora la produzione di modelli iconici. In risposta alle pressioni, il presidente John Elkann ha promesso investimenti per 2 miliardi di euro nel 2025, avvertendo però che le barriere commerciali globali potrebbero aggravare ulteriormente la situazione.

La reazione dei mercati finanziari

I mercati finanziari hanno reagito con estrema negatività. Da marzo 2024, il titolo Stellantis ha perso circa il 70 per cento del suo valore, bruciando 50 miliardi di euro di capitalizzazione e scendendo a una valutazione di appena 24 miliardi. Escludendo il periodo eccezionale della pandemia, il titolo è tornato ai minimi del 2017. In un’analisi impietosa, il mercato valuta oggi l’intero gruppo Stellantis – FCA + PSA – meno di quanto valesse la sola FCA prima della fusione, mettendo in discussione i benefici sinergici dell’operazione.

Elkann promette, ma i rischi restano

Il quadro che emerge è quello di un gigante dai piedi d’argilla, capace di generare profitti per gli azionisti ma sempre meno in grado di creare valore industriale e occupazionale nei suoi territori storici. Il verdetto dei mercati finanziari, che hanno azzerato il valore creato dalla fusione, è impietoso e segnala una profonda sfiducia nella strategia attuale. La vera sfida per il management di Stellantis, dunque, non sarà solo navigare le incertezze del mercato globale, ma decidere quale ruolo strategico assegnare all’Italia nel suo futuro. Se, cioè, considerarla ancora un patrimonio industriale su cui investire per un rilancio competitivo, o un’eredità del passato da gestire in un lento e programmato declino. Dalla risposta a questa domanda dipenderà non solo il destino dell’azienda, ma anche quello di migliaia di lavoratori e di un intero settore industriale nazionale.