
L’intervista alla psichiatra Adelia Lucattini: “La ribellione è un passaggio naturale, ma va compresa e accompagnata con empatia, ascolto e coerenza”
di Marialuisa Roscino
L’adolescenza è un tempo di cambiamento, crescita e conflitto. È in questa fase che i ragazzi iniziano a ridefinire sé stessi, oscillando tra la necessità di sentirsi autonomi e la naturale ribellione verso genitori e figure di riferimento. Rabbia e chiusura diventano spesso le espressioni visibili di questo travaglio interiore. Comprenderne le radici e imparare a gestirle è essenziale per favorire uno sviluppo psicologico sano.
A parlarne è la psichiatra e psicoanalista Adelia Lucattini, ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e membro della International Psychoanalytical Association, che in questa intervista analizza i fattori psicologici dell’adolescenza e l’importanza del ruolo di famiglia e scuola come pilastri educativi e affettivi.

Adolescenza ed evoluzione psicologica
“L’adolescenza è una fase di transizione tra l’infanzia e l’età adulta, caratterizzata da profondi cambiamenti fisici, intellettivi, emotivi e sociali”, spiega Lucattini. Secondo l’OMS, questa fase si colloca tra i 10 e i 19 anni, ma studi più recenti ne estendono la durata fino ai 24, per tener conto del prolungamento della formazione e dell’ingresso nella vita adulta.
Il cambiamento non è solo fisico: “È il momento del lutto dell’infanzia, della ridefinizione della propria identità e della ricerca di un posto nel mondo”, afferma la psicoanalista. Le trasformazioni cerebrali, affettive e relazionali rendono questo periodo una vera “età di passaggio”, spesso segnata da tensioni e instabilità.
La rabbia e la chiusura: segnali da ascoltare
Attacchi di rabbia e momenti di chiusura non sono solo capricci: sono espressioni di disagio e richieste d’aiuto non espresse. “La rabbia può nascondere frustrazione, tristezza o un bisogno inespresso. La chiusura può indicare isolamento, difficoltà a comunicare o paura del giudizio”, spiega Lucattini.
Secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology (2025), i comportamenti problematici esternalizzanti in adolescenza – come l’aggressività, l’oppositività o l’isolamento estremo – rappresentano un serio problema di salute pubblica e vanno affrontati con interventi precoci e strategie preventive mirate.
La ribellione come processo di individuazione
“La ribellione è un passaggio fondamentale nel processo di individuazione dell’adolescente”, sottolinea Lucattini. È il momento in cui il ragazzo si differenzia dai genitori, mette in discussione regole e valori familiari e cerca nuove appartenenze. È il cosiddetto “secondo processo di separazione-individuazione”, descritto da Peter Blos, e strettamente connesso con la soggettivazione, cioè la capacità di percepirsi come un individuo autonomo.
Interessante il richiamo alla Terror Management Theory, che lega la ribellione adolescenziale alla presa di coscienza della finitezza della vita: “Con il pensiero della morte propria e dei genitori, l’adolescente cerca significato e sicurezza in nuove ideologie e gruppi”, aggiunge la specialista.
Il ruolo chiave dei genitori: contenere, ascoltare, accompagnare
“La funzione genitoriale in adolescenza – spiega Lucattini – deve essere quella di Io ausiliario: una presenza forte, affettuosa e non giudicante, che sappia contenere le emozioni, fornire modelli e limiti chiari”.
I genitori devono saper gestire prima di tutto la propria rabbia, perché – afferma – “sono loro i primi modelli di regolazione emotiva per i figli”. Da qui l’importanza di percorsi di supporto psicoterapeutico e di gruppi di confronto tra genitori, strumenti preziosi per affrontare il senso di impotenza e trovare strategie condivise.
Tra i consigli della psicoanalista:
- mantenere un ascolto emotivamente ricettivo, senza giudicare o banalizzare i sentimenti dei figli;
- lavorare sulla regolazione emotiva personale per gestire meglio i conflitti;
- stabilire limiti chiari e coerenti, spiegando sempre le motivazioni;
- promuovere l’autonomia, ma senza forzature;
- non esitare a chiedere aiuto professionale, quando necessario.
La Scuola come spazio di contenimento e alleanza
Anche la scuola ha un ruolo fondamentale. “È importante che insegnanti e dirigenti sappiano riconoscere i segnali di disagio e non rispondano con rigidità o giudizi severi”, afferma Lucattini. “Bisogna sempre domandarsi se dietro a una reazione rabbiosa o provocatoria ci sia bullismo, esclusione o sofferenza”.
L’adulto deve mostrarsi empatico, mantenendo equilibrio, autorevolezza e coerenza, qualità che regolano le emozioni del gruppo e favoriscono un clima scolastico positivo.
Serve un’alleanza educativa
“Per costruire un ponte tra adolescenti, famiglia e scuola serve una alleanza educativa basata sulla fiducia, sull’ascolto e sulla responsabilità condivisa”, conclude Lucattini. “Solo così sarà possibile accompagnare i ragazzi in questo delicato passaggio e aiutarli a diventare adulti consapevoli e sereni”.