
Max Mara rinuncia a un progetto da 100 milioni e 900 posti a Reggio Emilia dopo una protesta interna. Divisioni sindacali e rottura col Comune
di Luca Lippi
L’azienda accusa: “Clima di divisione e strumentalizzazione“, la rottura dopo un incontro tra il sindaco e meno della metà degli operai. Un progetto da 100 milioni di euro, la promessa di circa 900 posti di lavoro e la riqualificazione di un’intera area urbana. Tutto cancellato. Il colosso della moda Max Mara ha annunciato il ritiro irrevocabile del suo investimento per il “Polo della Moda” a Reggio Emilia, la sua città natale. La decisione, definita “irrevocabile”, è la drammatica conclusione di una vertenza sindacale interna trasformatasi in un caso politico. «È francamente impossibile realizzare il progetto in un clima di divisione e strumentalizzazione», ha scritto il presidente Luigi Maramotti in una lettera al sindaco, mettendo fine a un sogno per la città.
Cosa prevedeva l’investimento
Al centro del piano c’era la creazione di un moderno centro logistico nell’area della ex Fiera, destinato a diventare il cuore della distribuzione globale del gruppo. Ma il progetto non era solo industriale: avrebbe portato con sé importanti opere pubbliche a beneficio di tutti i cittadini, tra cui nuove aree verdi, parcheggi e piste ciclopedonali, rigenerando una parte strategica di Reggio Emilia.
L’origine dello scontro: una fabbrica divisa
Tutto è iniziato nello stabilimento della Manifattura San Maurizio, dove lavorano circa 210 persone, in prevalenza donne. Una parte degli operai ha denunciato presunte vessazioni, parlando di offese e controlli rigidissimi, persino sulle pause per necessità fisiologiche. La protesta è culminata nel primo sciopero in 40 anni di storia di Max Mara. Tuttavia, la protesta ha spaccato la fabbrica. Ben 68 colleghi si sono subito dissociati con una lettera aperta, smentendo le accuse e affermando che non rispecchiavano «in alcun modo il clima all’interno dello stabilimento». Una smentita simile è un primato anche per il sindacato e va oltre i quarant’anni di storia dell’azienda!
La rottura politica
La scintilla che ha fatto precipitare la situazione è stata di natura politica. Dopo un Consiglio comunale che aveva comunque dato il via libera al progetto, il sindaco ha ricevuto una delegazione di lavoratori in sciopero accampanti motivazioni che scivolano nel grottesco – ne è testimonianza la dissociazione di altri lavoratori -, ma senza sentire la versione dell’azienda. Questo incontro è stato percepito da Max Mara come un appoggio unilaterale alla protesta, un gesto che rischiava di danneggiare la reputazione di un marchio storico. Da lì, la decisione drastica di ritirare l’investimento. Il ritiro del progetto ha lasciato la città divisa e sotto shock. I sindacati provano a gettare acqua sul fuoco. La Cgil precisa di non aver “mai chiesto di bloccare l’investimento”, ma solo di affrontare il tema delle condizioni di lavoro. La Cisl lancia un appello: «Ora serve andare oltre le barricate». Il Comune – uno dei più sindacalizzati della Penisola – si difende, sottolineando che ricevere i lavoratori in protesta è una prassi consolidata. Il sindaco ha infatti annunciato che incontrerà anche la delegazione degli operai che si erano dissociati dalla protesta.
Per ora, però, tutto è fermo. Max Mara non acquisterà l’area, bloccando un’opportunità di sviluppo che, oltre ai posti di lavoro, avrebbe portato nuove infrastrutture a tutta la comunità.
Chi è Max Mara
Fondata a Reggio Emilia nel 1951 da Achille Maramotti, Max Mara è una delle più prestigiose case di moda di lusso italiane, famosa nel mondo per i suoi cappotti e il suo stile classico. L’azienda è il cuore del Max Mara Fashion Group, un gruppo a conduzione familiare che ha sempre mantenuto un fortissimo legame con il suo territorio e che controlla anche marchi noti come Sportmax, Weekend Max Mara, Marella e Marina Rinaldi.