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“NUOVA” CRIOABLAZIONE PER TRATTARE LA FIBRILLAZIONE ATRIALE

di Katrin Bove

La Fibrillazione Atriale è il disturbo più frequente del ritmo cardiaco (aritmia) e si manifesta quando le camere superiori del cuore (gli atri) non si contraggono più in maniera coordinata: il battito cardiaco risulta, di conseguenza, rapido ed irregolare al punto che può essere avvertito come anomalo (palpitazioni). Altri sintomi comuni includono affanno, vertigini, stanchezza, dolore al petto.  La rilevanza clinica è tale che la presenza di FA è associata ad un aumento di 1.5-2 volte di morte e riduce in maniera significativa la qualità di vita e la tolleranza all’esercizio a causa dei sintomi limitanti.Con l’aumento della vita media globale e la maggiore sopravvivenza con malattie croniche, la FA, nel 21-esimo secolo, ha raggiunto le dimensioni di una malattia cardiovascolare epidemica con delle proiezioni di forte crescita nei prossimi 30 anni sia in termini di incidenza (nuovi casi per anno) che di prevalenza (numero di casi totali). Sebbene interessi anche le fasce più giovani della popolazione, tale aritmia colpisce in particolare gli anziani, con percentuali di casi sul totale della popolazione che vanno dall’1-2% per pazienti al di sotto dei 65 anni, fino al 9-10% per quelli al di sopra degli 80 anni.A livello mondiale la prevalenza stimata nel 2016 si attestava su circa 46 milioni di individui (Global Burden of Disease project) con 8 milioni di casi totali in Europa, dei quali più di un milione in Italia.

I pazienti generalmente non muoiono per l’aritmia, ma per le comorbidità e le complicanze associate, come ad esempio l’insufficienza cardiaca, la cardiopatia ischemica, la malattia renale cronica, la tromboembolia venosa, l’ictus, la demenza ed il cancro. Negli ultimi 10 anni il riconoscimento delle conseguenze potenzialmente gravi associate alla FA ha stimolato la comunità scientifica ad una crescente attività di ricerca mirata alla comprensione dei fattori di rischio ed allo sviluppo di nuovi strumenti di trattamento. Il trattamento della FA varia in funzione di diversi fattori (tipologia della FA, entità dei sintomi, storia clinica). Per la sua cura, possono trovare impiego i farmaci (per il ripristino e il mantenimento del normale battito cardiaco e medicinali per la prevenzione dei trombi), la cardioversione elettrica (una procedura medica, realizzata con un defibrillatore, che permette di resettare il ritmo del battito cardiaco e, successivamente, riportarlo alla normalità) oppure l’ablazione cardiaca transcatetere, una tecnica chirurgica mininvasiva finalizzata ad eliminare il gruppo di cellule da cui origina il battito anomalo e lo diffonde, alimentando così l’aritmia. Dalle prime descrizioni ufficiali a fine degli anni 90, l’ablazione transcatetere si è ormai affermata come un’opzione terapeutica efficace per moltissimi pazienti. Le attuali linee guida internazionali sostengono il suo utilizzo in particolar modo quando la patologia è nella sua fase iniziale e non si è ancora cronicizzata (FA parossistica). Studi recenti hanno, inoltre, dimostrato che si tratta di una terapia costo-efficace anche come prima linea di intervento. Per eseguirla, il medico Elettrofisiologo introduce una speciale sonda (catetere) attraverso il sistema venoso fino al cuore; tale sonda è in grado di individuare l’area cardiaca malata e al tempo stesso di eliminarla. Tipicamente la sede di origine dell’aritmia è rappresentata dalle vene polmonari che si trovano nell’atrio sinistro e che richiedono di essere distrutte (isolate elettricamente) affinché la FA possa risolversi.

La prima tecnologia utilizzata per l’ablazione transcatetere delle vene polmonari punto a punto è stata quella “a caldo” basata sulle onde a radiofrequenza.La continua valutazione degli esiti sulle terapie ha permesso di introdurre un’innovazione tecnologica che sfrutta una diversa fonte di energia: la crioablazione, che consente di localizzare e congelare il tessuto cardiaco responsabile del battito irregolare, in tempi più veloci, con un processo più uniforme e standardizzato, attraverso un catetere a pallone gonfiabile (cryo balloon). La tecnica consiste nell’introdurre una guida nella vena polmonare su cui viene fatto scorrere il cryo balloon.  Lo stesso viene dapprima gonfiato e spinto fino a “tappare” la vena e successivamente viene raffreddato a temperature di circa -50° per 3-4 minuti con l’obiettivo di creare una lesione circonferenziale uniforme che la isoli con una sola erogazione di crioenergia (one-shot). Il procedimento viene poi ripetuto per tutte le quattro vene polmonari.Rispetto alla tecnica con radiofrequenza, la crioablazione ha il vantaggio di essere una metodica più semplice (con tempi di intervento in sala operatoria dimezzati) e riproducibile, con minori complicanze e minore incidenza di recidive (e quindi di re-interventi a distanza di un anno). La facilità di utilizzo della tecnologia ha mostrato che la riduzione dei tempi procedurali può portare ad un aumento della capacità ospedaliera e al risparmio dei costi gestionali generali, mantenendo alta la qualità della cura.Da un punto di vista dell’efficacia, questa terapia risulta essere non inferiore alla radiofrequenza per il trattamento di pazienti con fibrillazione atriale parossistica refrattaria ai farmaci.L’ablazione transcatetere della FA, se eseguita in centri esperti da parte di team adeguatamente formati, è più efficace della terapia farmacologica nel mantenimento del ritmo regolare del cuore con un simile tasso di complicanze.

In questo panorama si inserisce l’equipe della UOS di Aritmologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, diretta dalla dottoressa Gemma Pelargonio. La struttura romana, recentemente accreditata dalla Joint Commission International per qualità e sicurezza (luglio 2021), esegue oltre 1100 procedure all’anno sia di elettrostimolazione (impianti di pacemaker e defibrillatori), che di elettrofisiologia (studi elettrofisiologici, ablazioni). Relativamente a queste ultime, essa si avvale di innovazioni terapeutiche recentemente introdotte in Italia come il sistema POLARx (dalla ricerca Boston Scientific) che rappresenta un significativo step evolutivo nella tecnica one-shot della crioablazione.La tecnologia del sistema POLARx facilita, infatti, il posizionamento sulla vena polmonare del cryo balloon con un semplice approccio anatomico e garantisce un elevato livello di automatismo al punto che un singolo operatore può governarlo dalla SmartFreeze cryo-console, tenendo costantemente monitorati tutti i parametri della procedura: questo permette di ridurre in modo significativo la durata della stessa, mantenendo inalterata l’efficacia e la sicurezza per i pazienti.In particolare, la console del sistema POLARx informa l’operatore di possibili criticità e complicanze legate all’ablazione della FA (lesioni/fistole esofagee da bruciatura e a lesioni/paralisi del nervo frenico): integrando e mostrando in tempo reale l’andamento della temperatura esofagea durante la crioablazione, unitamente alla vitalità e al funzionamento del nervo frenico, si introducono così due meccanismi di sicurezza molto importanti che possono essere controllati e gestiti durante l’intervento. “Alla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – conclude la dottoressa Pelargonio – utilizziamo il sistema di crioablazione POLARx già da un anno ed è rapidamente divenuto uno dei cardini della nostra attività perché si riesce a semplificare la procedura grazie ad un work flow ottimizzato ed un elevato livello di automazione”

dottoressa Gemma Pelargonio