Fnopi (Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche): “È allarme per i casi sommersi di violenze su infermieri, oltre 120mila non denunciati ogni anno”
Gli infermieri sono la categoria più colpita dalle aggressioni mentre svolgono il proprio lavoro. Purtroppo, però le cifre sono ben peggiori di quelle emerse pubblicamente anche negli ultimi giorni.
I dati sulle violenze rilevati da 8 Università italiane
Una rilevazione effettuata da 8 Università italiane sugli infermieri che hanno subito violenze fisiche o verbali, mette in luce che rispetto ai circa 5mila casi denunciati in un anno ce ne sono 26 volte di più, circa 125.000 non registrati.
Ancor più grave è che per il 75% sono violenze che coinvolgono donne e che nel 40% circa dei casi si è trattato di violenze fisiche. Vere e proprie aggressioni che hanno lasciato il segno: il 33% delle vittime è caduto in situazioni di burnout e il 10,8% presenta danni permanenti a livello fisico o psicologico.
Lo scrive Fnopi in occasione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari.
Violenza su tutte le professioni sanitarie: gli studi parlano di burnout e abbandono del lavoro
“Molti colleghi, non solo infermieri ma tutte le professioni sanitarie che sono a contatto con l’utenza, non stanno denunciando soprattutto le aggressioni verbali, perché sembra quasi sia diventata una modalità relazionale con cui fare i conti quotidianamente“, ha detto la presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli.
“Il vissuto di un infermiere, di un professionista che in qualche modo è aggredito – ha affermato ancora – è un vissuto che fa fatica ad essere elaborato. Ci sono studi internazionali che ci parlano di episodi di burnout, stress, disaffezione rispetto al lavoro e alla professione, tanto è vero che in questi anni stiamo registrando moltissimi abbandoni della professione.“
Investire nei servizi territoriali e soddisfare i bisogni dei cittadini
L’aggressione è l’effetto di una serie di cause che affondano le radici in diversi contesti, tra cui i modelli organizzativi e alcune mancate risposte che i cittadini patiscono. I bisogni dei cittadini spesso non vengono convogliati verso i luoghi più adeguati: ad esempio molti accessi al Pronto Soccorso non sono legati a situazioni di criticità vitali.
Emergono bisogni di ascolto, necessità di presa in carico di situazioni complesse che sfiorano la sfera socioassistenziale.
Occorre investire affinché vi siano servizi territoriali sempre più capillari e conosciuti.