Home Costume e Società Quadriennale. A Roma la storia “de visu”

Quadriennale. A Roma la storia “de visu”

Di GDN

La Quadriennale di Roma, istituzione nazionale che ha il compito di promuovere l’arte contemporanea italiana, ha superato i novant’anni di vita e come in ogni storia di lunga durata ha conosciuto momenti di gloria e periodi di riflessione in rapporto ai mutamenti artistici, sociali e politici in cui si è trovata ad operare.

Nata nel 1927 per volere del Governatorato di Roma, la rassegna documenta ogni quattro anni gli orientamenti più attuali delle arti visive nel nostro Paese. L’idea originale era quella di censire e promuovere la produzione artistica italiana accentrandone le espressioni più rappresentative in un’unica grande esposizione, complementare e di raccordo rispetto alle altre due istituzioni pubbliche di sostegno all’arte, la Biennale di Venezia e la Triennale di Milano.

Per il decollo dell’iniziativa decisiva fu la figura di Cipriano Efisio Oppo, uno degli uomini più influenti nel campo dell’arte durante il fascismo. “Grande arbitro degli artisti d’Italia”, come lo definì Margherita Sarfatti nel 1930, Oppo non solo fu l’ideatore e il regista delle prime quattro edizioni della Quadriennale, ma, in veste di Segretario del sindacato nazionale degli artisti e di Deputato al Parlamento, portò avanti una costante opera di riforma del sistema artistico italiano. Sin dall’inizio apparve chiaro quale fisionomia Oppo intendesse dare alla rassegna: la Quadriennale doveva diventare la più importante competizione artistica a livello nazionale, dotata di incentivi e premi per gli espositori, e di risorse per gli acquisti delle loro opere.

Le grandi Quadriennali romane del 1931 e 1935

Le prime due edizioni del ’31 e del ’35 ebbero grande successo e aprirono la strada alla creazione nel ’37 dell’Ente Autonomo Quadriennale d’Arte. Le mostre, che si aprirono nel Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale, furono la vetrina della migliore arte figurativa italiana degli anni Trenta, valorizzata da allestimenti espositivi di grande eleganza razionalista. La partecipazione era su invito e autocandidatura; i protagonisti assoluti erano gli artisti, non solo come espositori ma anche come componenti delle giurie per la selezione degli invitati, per l’accettazione delle opere e per l’assegnazione dei premi.

Se la Quadriennale del ’31 vide la presenza di tutti i grandi maestri (Bartoli, Carena, Carrà, Casorati, Sironi, Tosi, i futuristi, gli italiani di Parigi), quella del ’35 è tuttora unanimemente riconosciuta come la mostra d’arte più incisiva nel periodo tra le due guerre e ricordata, tra l’altro, per la personale di Gino Severini. Inaugurata da Mussolini il 4 febbraio del 1935, la seconda Quadriennale offrì un vasto panorama dell’arte italiana con circa 1800 opere di 700 artisti, molti dei quali giovanissimi; i romani al centro della manifestazione con le personali di Mafai e Pirandello, l’affermazione di Cagli, Capogrossi, Cavalli e Ziveri, il buon esordio di Afro e Basaldella. Il bilancio della mostra fu eccezionale per numero di visitatori, 350.000, e il successo portò alla costituzione nel 1937 di un ente autonomo per l’organizzazione delle successive Quadriennali d’Arte.

Le leggi razziali e la guerra

La Quadriennale del 1939 risentì del clima politico dell’epoca e in particolare dell’emanazione delle leggi razziali. A tutti gli artisti invitati venne mandata una scheda per l’accertamento della razza e tra gli esclusi figurarono artisti affermati come Cagli e Melli. Questa terza edizione è ricordata per la bellissima personale di Morandi; l’artista bolognese vinse il secondo premio per la pittura. La Quadriennale del ‘43 fu condizionata dall’emergenza bellica. La mostra propose due linee artistiche, la prima con astrattisti e futuristi insieme, la seconda riservata a pittori figurativi. Pregevole la personale di Prampolini all’interno delle sale dei futuristi. L’unica presentazione in catalogo fu quella di Marinetti per introdurre gli aeropittori di guerra. Manzù vinse il primo premio per la scultura, Vagnetti quello per la pittura.

La ricostruzione e gli anni del boom

Nel ’48, finita la guerra, la Quadriennale trasloca alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna con la generica denominazione di “Rassegna Nazionale d’Arti Figurative”. Nell’Italia della ricostruzione, le tre Quadriennali degli anni Cinquanta (VI, VII, VIII) vedono apparire per la prima volta i sacchi e le tele lacerate di Burri, i concetti spaziali di Fontana, i lavori del Gruppo degli Otto formato da astrattisti come Vedova, Turcato, Corpora, Morlotti, e Santomaso. Con il “boom economico” la IX Quadriennale del ’65/’66 stabilisce un primato: 31 mostre retrospettive dedicate ad altrettanti artisti, oltre 3mila opere e 750 espositori tra i quali emergono quelli dell’arte cinetica, visuale, neodada e pop come Angeli, Festa, Marotta, Rotella, il Gruppo Uno e il Gruppo T di Milano.

Negli anni Settanta è organizzata una sola Quadriennale, la X. Nelle commissioni d’ammissione entrano i critici d’arte, con un ruolo sempre più preminente. Il clima del “sessantotto” porta all’eliminazione dei premi e per la prima volta la manifestazione ospita artisti stranieri, tra i quali Balthus, Matta, Moore e Sutherland.

Si chiude il primo millennio

Nel 1986 la XI Quadriennale è ospitata nel Palazzo dei Congressi dell’EUR: 400 artisti rappresentano l’intero panorama delle arti visive italiane, dalla Transavanguardia (Cucchi, Chia, Clemente, De Maria, Paladino) all’arte povera (Paolini, Pistoletto, Merz, Kounellis, Gilardi), dai concettuali (Pisani, Ontani), all’informale (Vedova, Morlotti), dall’astrattismo (Accardi, Consagra, Turcato) al realismo con le opere di Treccani e Guttuso.

Due grandi mostre, quella sulla “Secessione Romana 1913-1916“ e la fondamentale retrospettiva su Prampolini, anticipano la XII Quadriennale del ‘92 al Palazzo delle Esposizioni con la rassegna storico-critica “Profili” che documenta le espressioni più originali e incisive dell’arte italiana dal 1950 al 1990. Seguirà nel ‘96 “Ultime Generazioni” che raccoglie le produzioni delle nuove leve di artisti che gravitano intorno a Milano e Bologna e della generazione successiva alla Transavanguardia romana. Gli anni Novanta si chiudono con la mostra “Valori plastici” dedicata al movimento sviluppatosi intorno all’omonima rivista a partire dal 1918 e con l’inaugurazione della XIII Quadriennale intitolata “Proiezioni 2000. Lo spazio delle arti visive nella civiltà multimediale”.

Gli anni Duemila

Il nuovo millennio vede la XIV Quadriennale articolata nelle due Anteprime di Napoli (2003) e di Torino (2004) dedicate ai giovani artisti italiani e nella mostra conclusiva alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2005) che, accanto a un nucleo di cento artisti viventi, tra i quali Rotella, Pistoletto, Lai, Vezzoli e Ontani, volge lo sguardo all’arte internazionale e comprende le retrospettive dedicate alle Quadriennali del ’31 e del ’48.

Nel frattempo, la Quadriennale da Ente autonomo è trasformata in Fondazione e nel 2008 torna a Palazzo delle Esposizioni con una rassegna, la XV, di artisti che hanno iniziato ad affermarsi in Italia a partire dagli anni Novanta. Nel 2015 è nominato Presidente della Fondazione Franco Bernabè e l’anno successivo si tiene la XVI Quadriennale con il titolo “Altri tempi, altri miti”: 10 sezioni espositive ideate da 11 curatori, 99 artisti con 150 opere, tutte recenti, molte realizzate per l’occasione.
Nel 2019 Umberto Croppi diventa presidente della Quadriennale e avvia il percorso verso la XVII edizione, curata dal nuovo direttore artistico Sarah Cosulich che ne condivide la realizzazione con Stefano Collicelli Cagol. La rassegna, intitolata “Fuori”, è stata inaugurata il 29 ottobre 2020 al Palazzo delle Esposizioni e salvo chiusure temporanee per l’emergenza sanitaria, resterà aperta fino al 17 gennaio 2021. Partecipano 43 artisti, presentati negli oltre quattromila metri quadri suddivisi in 35 sale. Le nuove produzioni realizzate sono 18 e più di 300 le opere esposte che tracciano un percorso alternativo nella lettura dell’arte italiana dagli anni Sessanta a oggi. La mostra è transgenerazionale e multidisciplinare (moda, teatro, musica, danza, film, architettura, design) ed intreccia la storia della Quadriennale e la sua missione di documentazione con l’esigenza di far emergere percorsi alternativi a quelli maggiormente rappresentati, favorendo così una visione più “polifonica”.

In questi novanta anni, tra mostre storiche, personali e retrospettive, sperimentazioni e censimenti, le Quadriennali hanno continuato ad assolvere alla funzione di ricognizione periodica delle arti visive italiane, in tutti i filoni della ricerca e della produzione artistica. Nella sua lunga ed emblematica storia la rassegna ha ospitato più di seimila nomi del panorama artistico italiano, dai grandi maestri agli artisti già affermati, fino a quelli appena ventenni. Circa 2.700 le opere acquistate durante le esposizioni ed oggi presenti in collezioni pubbliche e private. Più di 100 le mostre organizzate nel mondo dalla Quadriennale in collaborazione con il Ministero degli Esteri.

Come ha dichiarato il presidente Umberto Croppi <<Il futuro e il successo saranno assicurati soltanto dalla capacità di raccogliere il consenso, lo stimolo e l’attiva partecipazione del vasto mondo che anima questo territorio della vita italiana, a cominciare da coloro da cui e per cui la Quadriennale fu concepita: gli artisti>>.

GDN

Foto opere Quadriennale 2020: DSL Studio.

Courtesy Fondazione La Quadriennale di Roma.