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OSPEDALI, UNA LEGGE PER RENDERLI SICURI

Valentina Corneli

di Flavia Scicchitano

Valentina Corneli, deputata M5S, membro della commissione Affari costituzionali della Camera. L’emergenza causata dalla pandemia da una parte ha messo in luce alcuni punti deboli del Servizio sanitario nazionale, dall’altra ha oscurato questioni da affrontare con urgenza. Tra queste la problematica relativa alle infezioni ospedaliere, contratte cioè in strutture sanitarie durante il periodo di degenza. Lei sul tema ha presentato una proposta di legge, volta in particolare a introdurre disposizioni per la prevenzione e il contrasto delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria. 

La proposta di legge affronta una tematica molto rilevante ma, purtroppo, ancora sottovalutata, almeno in Italia. Le infezioni correlate all’assistenza, che si innescano all’interno di strutture sanitarie pubbliche e convenzionate, sono un problema serio: parliamo di 450-700 mila casi su 9 milioni di ricoveri, una strage silenziosa. E bisogna considerare anche le conseguenze: la degenza si prolunga, aumentano i costi per l’assistenza sanitaria e, in alcuni casi, il fisico debilitato non riesce a superare l’infezione che procura la morte del paziente. Una problematica correlata a quella gravissima dell’antibiotico-resistenza: in Europa è accertato che ci sono 33 mila casi l’anno di morti per mancata risposta agli antibiotici, condizione che non permette di curare il paziente affetto da infezione. Di questi, 10 mila decessi l’anno, quasi un terzo, si registrano in Italia. Dunque, il problema dell’antibiotico-resistenza (e dell’eccessiva facilità a prescrivere antibiotici) e delle infezioni ospedaliere vanno affrontati insieme. 

Nel dettaglio cosa prevede la proposta di legge?

Nel dettaglio, la proposta di legge è ben strutturata, in quanto è stata elaborata con l’ausilio del Prof. Roberto Cauda e della sua equipe di Malattie Infettive del policlinico Gemelli di Roma, che ringrazio. In Italia abbiamo una legge del 2012 che istituiva i Comitati infezioni ospedaliere (Cio), con una funzione di monitoraggio delle infezioni allo scopo di contrastarle e contenerle. Questi Comitati, in teoria, avrebbero dovuto essere presenti in tutte le strutture ospedaliere ma, in pratica, a volte non sono stati costituiti o, spesso, non hanno funzionato. Il primo obiettivo è quindi tornare a parlare seriamente di Cio, rendendoli obbligatori e funzionali in tutte le strutture, prevedendo al loro interno un esperto di igiene, un esperto di malattie infettive, un esperto di microbiologia e il dirigente del personale infermieristico, che si occupa della gestione del malato nel periodo di degenza. Il testo obbliga, inoltre, i Comitati alla redazione di un rapporto periodico con i dati relativi alle infezioni riscontrate, che deve essere trasferito alla Regione. La Regione, da parte sua, deve istituire una Commissione chiamata a eseguire periodicamente un controllo sull’operato della struttura, soprattutto quando emerge un’incidenza anomala. In base al parametro mobile (rispetto al tipo di struttura, alle prestazioni effettuate ecc.) che abbiamo fissato, se si rileva un aumento del 15% superiore alla media regionale delle infezioni, scatta un alert e si attiva il meccanismo di controllo da parte della Regione.

Praticamente un doppio binario di controllo, interno ed esterno

Esatto, proprio per questo abbiamo inserito anche una previsione volta ad evitare il rischio che il controllo operato dalla commissione regionale possa funzionare da disincentivo per le strutture, spinte a non segnalare i casi di infezione registrati al proprio interno per la paura di essere tacciate di mala gestione. Per favorire, invece, un meccanismo di stimolo alle best practice abbiamo previsto un incentivo alla segnalazione: più segnalazioni vengono effettuate più questo sarà utile al raggiungimento degli obiettivi di risultato attribuiti annualmente al dirigente della struttura. In questo modo la dirigenza della struttura ha tutto l’interesse a segnalare e, dunque, si innesta un meccanismo virtuoso.

Il testo tocca altri punti o tematiche?

Sì, istituisce i corsi di formazione sulle infezioni ospedaliere rivolti a tutto il personale che opera nelle strutture sanitarie, svolti da soggetti esperti, con cadenza almeno biennale. E poi affronta la problematica dell’antibiotico-resistenza. Si propone di istituire una commissione per ogni Regione dedicata all’uso corretto degli antibiotici: questa commissione deve elaborare un rapporto annuale sull’uso degli antibiotici nelle diverse strutture, con una funzione di controllo ma anche di sostegno, per esempio attraverso campagne di sensibilizzazione ai medici di base per la minore prescrizione possibile di antibiotici, che già introitiamo in maniera massiccia, anche a causa del consumo di carne.

Quali saranno i tempi per la calendarizzazione e quindi l’esame in Parlamento di questa proposta di legge?

Ho presentato il testo il 27 febbraio 2020, subito prima della pandemia, ma in questi mesi ci sono state altre priorità. Speriamo che superata l’emergenza, mi auguro dal prossimo autunno, possiamo tornare ad occuparci di altro.

Parlando di altro, sempre in materia sanitaria, lei ha depositato anche una proposta di legge costituzionale sul rapporto Stato-Regioni e Lea (Livelli essenziali di assistenza). Di cosa si tratta?

Anche questa proposta di legge è stata depositata prima della pandemia ma, trattandosi di una legge di modifica costituzionale, l’iter è molto più lungo e difficile. In particolare, l’idea sarebbe puntare sulla modifica dell’articolo 117 della Costituzione, in relazione a quanto previsto dall’articolo 118, che sancisce il principio di sussidiarietà, in base a cui lo Stato si sostituisce alle Regioni in caso di non adeguatezza dell’intervento: chiediamo che si espliciti l’applicazione di questo principio nella materia sanitaria, ovvero, in caso di inadeguatezza del servizio sanitario regionale. Laddove la Regione non riesce ad erogare prestazioni adeguate ai Lea deve necessariamente intervenire lo Stato. E’ inaccettabile che in alcune Regioni non si raggiungano i Lea e l’aspettativa di vita sia inferiore. Tutti i cittadini devono avere accesso al nostro sistema sanitario pubblico ed universale senza discriminazioni perché la salute è un diritto fondamentale (art. 32 Cost.).

In che modo dovrebbe intervenire lo Stato?

L’iter prevede che sia una legge ordinaria a stabilire le modalità di intervento dello Stato. Lo scopo della legge costituzionale è solo quello di prevedere che la Costituzione reciti chiaramente come ogni Regione debba garantire lo stesso standard di assistenza ai cittadini.

Il testo prevede altre disposizioni? 

C’è anche un problema legato al regionalismo sanitario, che è quello degli sprechi, alcune Regioni sprecano più di altre, o utilizzano le risorse economiche in maniera non conforme ai fini che lo Stato indica. Per questo la proposta prevede che le Regioni debbano puntualmente rendicontare gli introiti e le spese sostenute utilizzando risorse dello Stato. Questo sistema di rendicontazione permette allo Stato di intervenire dove una Regione non sta spendendo correttamente o non sta spendendo per problemi di disorganizzazione e inefficienza.