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NUOVE TECNOLOGIE NEL TRATTAMENTO DELLE ULCERE CRONICHE

IL RUOLO DELLA FLUORESCENT LIGHT ENERGY (FLE)

Di Franco Bassetto, Carlotta Scarpa, Vincenzo Vindigni

Conosciute anche come l’Epidemia Silenziosa, le ulcere croniche attualmente affliggono circa 80 milioni di persone nel mondo, di cui almeno 2 milioni in Italia, comprensivi di 30 mila bambini, portando il nostro Sistema Sanitario Nazionale ad una spesa complessiva annuale di circa 1 milione di euro, la cui maggior parte è dedicata, purtroppo, all’ospedalizzazione dei pazienti, perlopiù anziani.All’importante impegno economico, inoltre, si aggiunge un altrettanto importante carico psicologico, sia per il paziente che per i famigliari, dovuto alla difficoltà di guarigione della regione ulcerata che, come recentemente riportato in letteratura, può impiegare, se non correttamente “stimolata”, fino a 210 giorni per raggiungere la riepitelizzazione, e, talora, può non raggiungerla mai. Va quindi calcolato nell’impegno economico, l’impegno della famiglia che porta al presidio sanitario il paziente anziano per medicazioni talvolta bisettimanali.Molti sono stati, in questi decenni, i trattamenti proposti atti a favorire e velocizzare la guarigione, sia di tipo prettamente chirurgico, (come, ad esempio, gli interventi di “Debridement”, ovvero di pulizia mediante bisturi o innovativi dispositivi medici, come la Terapia a Pressione Negativa, seguiti da una copertura cutanea mediante innesti autologhi dermoepidermici, ovvero innesti prelevati dal paziente stesso o lembi più complessi forniti dalla Chirurgia Plastica), sia di tipo “medico” (come l’impiego di medicazioni cosiddette “avanzate” che agiscono, ad esempio, inibendo le metallo proteasi, causa della cronicizzazione della perdita di sostanza). A tutt’oggi non è ancora stato individuato il trattamento “ideale” e che raccolga ampio consenso nella comunità scientifica e tra i pazienti.

Allo scopo quindi di accelerare la guarigione tissutale e la compliance dei pazienti, soprattutto anziani, in questi ultimi anni, molte sono state le nuove tecnologie e i nuovi dispositivi medici  e chirurgici valutati, ma uno, in particolar modo, ha attirato la nostra attenzione sia per la scarsa, se non assente invasività, sia per la “facilità” di esecuzione e la velocità di risultato ottenibile: la cosiddetta Fluorescent Light Energy (FLE), comunemente conosciuta come Terapia Biofotonica o Fotobiomodulazione.Immessa sul mercato nel 2012, inizialmente in odontoiatria per lo sbiancamento dentale, e in seguito, considerata la spiccata attività indiretta anche nel caso di periodontiti e gengiviti, “perfezionata” specificatamente per la guarigione tissutale, la Fluorescent Light Energy si basa su un principio già presente in natura (la fotosintesi clorofilliana), ovvero la capacità della luce di stimolare una reazione biologica.Nello specifico tale trattamento prevede la stimolazione, da parte di una luce Led blu, di cromofori, ovvero di sostanze in grado di assorbire la luce e di trasformarla in diverse lunghezze d’onda in luce fluorescente, capace di provocare la risposta dei tessuti in termini di aumento della vascolarizzazione, riduzione dell’infiammazione, protezione dagli “attacchi” batterici, stimolazione della proliferazione di quelle cellule (fibroblasti, cheratinociti e melanociti) che portano alla riepitelizzazione tissutale e conseguentemente alla guarigione dell’area interessata, ed infine controllo delle cellule miofibroblastiche, ovvero di quelle cellule responsabili dello “sviluppo e maturazione” della cicatrice.Il trattamento comporta l’applicazione di un gel contenente i cromofori sull’area interessata e la sua illuminazione per 5 minuti (Fig 1), ripetibili per ulteriori 5 nella stessa seduta o a distanza di 48-72 ore; tuttavia non esiste un limite massimo di settimane di applicazione, essendo la metodica paziente dipendente ed avendo dimostrato di portare a guarigione, nella maggior parte dei casi, anche nell’arco di poche settimane, nella nostra esperienza una media di 1 mese.Inizialmente sperimentata, mediante uno studio multicentrico italiano denominato Eureka, su 100 pazienti affetti da ulcere venose, diabetiche e da pressione (tutte patologie che caratterizzano purtroppo la vita del paziente anziano), la Terapia Biofotonica è attualmente un trattamento che si sta affermando nella Comunità Scientifica per le ulcere cosiddette croniche, ovvero che non arrivano a guarigione nell’arco di 6-8 settimane.

Ma il trattamento delle ulcere cosiddette “croniche” è l’unica possibile applicazione (Fig 2) ?

L’esperienza, ormai di alcuni anni presso la nostra Clinica, e i risultati ottenuti hanno consentito di proporre tale trattamento anche per altre patologie più complesse, quali ad esempio ulcere provocate da trattamento “cronico” con corticosteroidi, patologie infiammatorie quali, ad esempio, l’idrosadenite suppurativa (ovvero una patologia che provoca la comparsa di multiple lesioni cistiche a livello gluteo, inguinale e/o ascellare), lesioni inquadrate come nuova patologia legata a morso di Ragno violino o, ancora, ustioni di II grado non ben definito, ovvero quelle ustioni che possono avere la necessità di un intervento chirurgico al fine di stimolarne la guarigione o che, se lasciate guarire spontaneamente, hanno un tempo di riepitelizzazione superiore al mese e con esiti cicatriziali anche importanti.Soprattutto in questo ultimo caso, la Fluorescent Light Energy ha la possibilità di esprimere tutte le sue potenzialità, non intervenendo solamente sul processo di guarigione tissutale, che appare velocizzato, ma anche, controllando il processo cicatriziale evitando, o comunque riducendo, la possibilità di sviluppare cicatrici patologiche (come i cheloidi e/o le cicatrici retraenti) che, come ben noto, possono affliggere il paziente ustionato non solo dal punto di vista estetico, ma soprattutto dal punto di vista funzionale, con limitazione anche dei movimenti più semplici come, ad esempio, la flesso estensione del collo o delle dita di una mano, portandolo quindi ad una vita relazionale limitata.La stessa tecnologia oggi la stiamo utilizzando, con interessanti rilievi, nel controllo della sintomatologia dei primi mesi dopo l’ustione, durante l’evoluzione cicatriziale che si prolunga oltre l’anno.

Ma la Fluorescent Light Energy è bene accetta dai pazienti?

Questa tecnologia non ha solo dimostrato un’elevata compliance da parte dei pazienti, ma ha anche dimostrato incidenza positiva sulla qualità di vita per gli stessi, i quali hanno notato una importante riduzione della sintomatologia algica, oltre che una velocizzazione dei tempi di guarigione della ferita. Da notare infine come il trattamento non entri in conflitto con alcuna altra tipologia di medicazione, potendo essere abbinato alle terapie già in atto, sia locali che sistemiche, e divenendo quindi, se non metodo risolutivo, quanto meno una sorta di acceleratore complementare degli effetti della terapia già in atto.

Autori: Prof Franco Bassetto, Professore Ordinario, Direttore della Cattedra di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, Azienda Ospedale-Università di Padova.

Drssa Carlotta Scarpa, Ricercatrice c/o la UOC Chirurgia Plastica Ricostruttiva, Azienda Ospedale-Università di Padova.

Prof Vincenzo Vindigni, Professore Associato c/o la UOC Chirurgia Plastica Ricostruttiva, Azienda Ospedale-Università di Padova