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QUANT’È VICINO CASSANDRA CROSSING

di Pietro Romano

Al nostro Presidente del Consiglio, Mario Draghi, qualche consigliere dovrebbe ricordare, tra un viaggio e l’altro all’estero, che per tantissimi italiani la scelta la prossima estate non sarà tra pace e aria fresca ma tra caldo e caldo. E probabilmente il prossimo inverno la scelta non sarà tra pace e aria calda ma tra aria fredda e aria fredda. Perché tra inflazione galoppante e prezzi dell’energia in costante salita saranno in tanti i nuovi poveri energetici, pensionati in testa.

L’invasione dell’ Ucraina da parte della Russia sta rappresentando un comodo alibi per la fiammata dei prezzi. In realtà, un complesso di fattori l’aveva avviata ben prima. è perlomeno dal terzo trimestre dell’ anno scorso che è partita l’impennata. È stato calcolato che nei primi vent’anni del millennio il prezzo medio del megavettore elettrico si attestava a circa 50 euro: era salito a 125 nel 2021 e ad aprile scorso era schizzato a 250. Quale la causa? Una miscela esplosiva nella quale ha fatto da detonatore l’accelerazione sulla cosiddetta transizione ecologica. La guerra ha fatto poi il suo. E lo stop alle forniture provenienti dalla Russia potrebbe fare definitivamente il resto.

Cause a parte, però, la realtà è che l’Italia sembra essere salita su una sorta di treno per Cassandra Crossing. E che ancora una volta la sua classe dirigente – impegnata a indebitarsi anche sotto forma di presunte elargizioni europee – abbia impresso l’ultima spinta per farla salire in carrozza. Come ha spiegato con chiarezza uno dei maggiori esperti di economia che l’Italia può vantare: il Professor Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia. Tabarelli ha spiegato in diverse occasioni come sia sostanzialmente impossibile trovare un’alternativa credibile al gas russo, che non solo assicura caldo, freddo e cucina agli italiani ma anche l’indispensabile fonte energetica a tanta parte della nostra industria. In caso di embargo duro, dovremo ricorrere al razionamento. Non c’è alternativa.

Tema fondamentale dei problemi nazionali è quello dei rigassificatori. Per l’ultimo realizzato nel nostro Paese sono occorsi più di dieci anni. E diciotto per il penultimo. Ma perfino negli USA ne servono perlomeno tre. Importare il gas dagli USA impone i rigassificatori, però, e non è un caso che da oltre Atlantico stiano arrivando forniture a Paesi, come l’Olanda e il Belgio, che posseggono i rigassificatori e hanno bisogno di minori quantità di gas di noi. Comunque, la produzione degli USA è limitata e i costi del suo prodotto sono ben più elevati di quello russo.

L’Italia ha scelto come alternativa privilegiata alla Russia l’Algeria, dalla quale par di capire sia destinato ad arrivarci una parte dominante del gas importato nel giro di qualche anno. Ma bisogna stare attenti. Fino a dieci anni fa erano proprio due Paesi del Maghreb (Algeria e Libia) a essere i nostri fornitori principali. Prima però cadde in preda al caos la Libia, poi divenne molto a rischio l’Algeria e così l’allora premier Enrico Letta fu costretto a spostare il focus sulla Russia.

Ora ritorniamo nel Maghreb, ma nel frattempo l’Algeria è diventato il miglior alleato della Russia nell’area, rischia una guerra civile e un conflitto con il Marocco. Insomma, i rischi da quelle parti non mancano.

Servirebbe un’inversione a 180 gradi dell’approccio italiano alle fonti energetiche. Ma non se ne vede traccia. La realtà come spiega Tabarelli è che scardinare decenni di cultura “falso-ecologista” è duro. Lo spiega la vicenda del termovalorizzatore a Roma, un problema che prim’ancora era scoppiato altrove per l’Italia, a Salerno ad esempio. Come se non bastasse della stessa pseudo cultura è intrisa la classe dirigente delle istituzioni europee. “Noi paghiamo uno spostamento troppo accentuato verso l’ambiente. E oggi ci troviamo con un cataclisma di proporzioni inimmaginabili”, è pessimista Tabarelli.

Ma a Bruxelles invece di cercare una soluzione a questo dramma epocale accumulano ritardi. Nel frattempo preferiscono impegnarsi, e impegnare ingenti risorse, per iniziative di autoproduzione in vista delle elezioni per il rinnovo dell’ Europarlamento che si terranno tra due anni. Autopromozione che è molto vicina all’autocelebrazione.