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PAYBACK, UNA CATASTROFE NEL SSN

medici e infermieri in camice

FIFO Sanità: “Una legge incostituzionale che rischia di cancellare un settore, determinando una tragedia nel Servizio Sanitario Nazionale”

di Danilo Quinto

A Massimo Riem, presidente FIFO Sanità, chiediamo: che cos’è e da dove nasce il Payback applicato ai dispositivi medici?

Il payback nasce dall’obiettivo, per noi assolutamente giusto, di perseguire una spesa sanitaria oculata e razionale, per limitare ed impedire ogni forma di spreco. La legge 111/2011 art.17 ha introdotto un tetto alla spesa pubblica in dispositivi medici.

Fissato originariamente al 5,2% del Fondo Sanitario Ordinario (FSO), il tetto in questione è stato successivamente oggetto di ripetute revisioni al ribasso che l’hanno portato dapprima al 4,9%, poi al 4,8% e infine al 4,4%, a decorrere dal 2014.

La logica di tali revisioni è sempre stata di natura contabilistica, mai economica. Ha dato copertura, puramente sulla carta, alle varie ipotesi finanziarie che si sono succedute, prescindendo da valutazioni riguardanti la congruità del tetto rispetto ai livelli di assistenza da assicurare. La misura del tetto, per come si è arrivati a determinarla, rappresenta dunque un primo problema.

Con la manovra finanziaria 2015, venne stabilito che in caso di sforamento del tetto da parte di una Regione, una parte della spesa in eccesso dovesse venir rimborsata dalle imprese fornitrici.

Massimo Riem FIFO Sanità
Massimo Riem

Facciamo chiarezza. La Regione X acquista per l’ospedale Y 100 bisturi nel 2016 per 100 € totali. Dopo anni, lo Stato si accorge che la Regione X poteva acquistarne massimo 60, con uno sforamento di 40 € sul budget. L’azienda che glieli ha forniti deve rimetterci 20 €, ossia metà dello sforamento?

Semplificando, è esattamente così.

Ma è illogico…

Non solo, ma attraverso i legali che hanno curato le centinaia di ricorsi con le aziende associate, abbiamo sollevato un vero e proprio problema di incostituzionalità. Noi siamo assolutamente d’accordo nel perseguire un obiettivo di spesa sanitaria oculata, ma è folle pensare che se una Regione sfora è legittimata a chiedere metà dello sforamento alle aziende che hanno venduto i dispositivi di cui la stessa Regione si è servita.

In qualità di associazione di categoria, come FIFO Sanità avete pensato ad uno sciopero?

Rischieremmo il penale. Per una questione di etica e coscienza non vorremmo mai arrivare a non consegnare dispositivi medici, compromettendo la salute di pazienti che non hanno alcuna responsabilità.

Poi c’è un altro fattore da analizzare. Avendo vinto gare d’appalto, rischiamo un’accusa per interruzione di pubblico servizio. Quindi abbiamo le mani legate: o interrompiamo le forniture per salvare le aziende rischiando una denuncia penale oppure continuiamo a fornire e falliamo come imprese.

dispositivi medici

Avete mai avuto colloqui con le Istituzioni per concordare una modalità di applicazione di questa norma? 

Assolutamente no. Più volte abbiamo richiesto, e stiamo continuando a farlo in tutte le sedi, d’istituire un tavolo tecnico con l’obiettivo di evitare una crisi prima economica e poi socio-sanitaria.

In che senso? A cosa può portare il payback?

Il comparto è composto nel 95% dei casi da micro, piccole e medie imprese con oltre 100mila lavoratori coinvolti.

Gettare sulle aziende le responsabilità di una cattiva gestione della spesa pubblica a livello regionale mette in crisi non solo le aziende, che sono costrette a chiudere, ma l’intero Sistema Sanitario Nazionale.

Perché le aziende arrivano a fallire?

Le faccio degli esempi molto concreti di aziende associate. Nella regione Toscana: una pmi con 12 milioni di fatturato, una richiesta di payback di 9 milioni; una con 1.2 milioni di fatturato, payback richiesto di 700mila euro. In Emilia- Romagna, un’azienda con fatturato di 1.5 milioni, richiesta di payback da 700mila euro. Potrei continuare all’infinito.

Sono tutte piccole imprese che, se pagassero domani mattina, porterebbero direttamente i libri in tribunale. E naturalmente metterebbero in mezzo alla strada decine di migliaia di famiglie.

Quali sarebbero le conseguenze per la Sanità?

Mancherebbero i dispositivi medici a disposizione del personale sanitario: sterilizzatori, prodotti per circolazione extracorporea, protesi cardiache, valvole cardiache, stent coronarici e cardiaci, dispositivi di protezione per radiologia e radioterapia, strumentario e ferri chirurgici, disinfettanti e antisettici. Ci sarebbero conseguenze catastrofiche per i nostri ospedali.

sala operatoria clinica

Cosa si sta facendo per evitare tutto ciò?

Purtroppo è una situazione estremamente complessa da cui venire fuori. Perché a onor del vero, questo Governo si è trovato con la norma del payback sui dispositivi medici che era stata attuata dal Governo uscente. Le Regioni entro il 15 dicembre hanno inviato tutte le richieste coattive di payback, con esecuzione entro 30 giorni (15 gennaio 2023).

Come FIFO Sanità ci siamo impegnati per dialogare con le Istituzioni e siamo riusciti ad ottenere almeno una proroga della scadenza al 30 aprile, con l’obiettivo di istituire un tavolo tecnico. Ora la palla passa al Governo.

Voi sareste disposti a contribuire attivamente al superamento della norma?

Assolutamente sì. Anzi, da mesi, se non anni, chiediamo alle Istituzioni di partecipare ai tavoli tecnici come associazione di categoria che può aiutare concretamente il Ministero a trovare una soluzione rispetto a questa assurda situazione.

Cosa state chiedendo alle Istituzioni in sede di confronto?

La cancellazione del payback, che penalizza in particolar modo le pmi. Vogliamo contribuire ad una spesa sanitaria oculata e razionale, senza però che questa rischi di cancellare un settore che sostiene il Sistema Sanitario Nazionale.

È assolutamente necessario trovare le risorse per la cancellazione della norma che prevede il payback e devo sottolineare che un’altra proroga a quella disposta per il 30 aprile, costringerebbe – come ho detto – le aziende a portare i libri in tribunale, perchè non sarebbero in grado di sostenere un impatto sulla loro attività di questa portata.

Verrebbe in tal modo compromesso irrimediabilmente il servizio sanitario pubblico e si verificherebbero conseguenze drammatiche per la salute dei cittadini.