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GIORNATA MONDIALE DELLA BIODIVERSITÀ: EUROPA LEADER NELLA RICERCA

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Green New Deal rispecchia quanto l’Europa sta facendo con la ricerca scientifica. Italia prima in Europa sul fronte degli investimenti ma solo quinta in ricerca su biodiversità

In vista della Giornata mondiale della biodiversità, il 22 maggio, Elsevier, editore scientifico con più di 3mila riviste accademiche in ogni ambito, ha pubblicato un’analisi sulle pubblicazioni a livello mondiale su un tema che sta diventando sempre più attuale e urgente.

Il ruolo di guida raggiunto dall’Europa in tema di ricerca fa il paio con le politiche europee sulla sostenibilità, come la Farm to Fork o il Green Deal, all’interno del quale è inserita una strategia relativa alla biodiversità per il 2030.

I dati globali. UE leader seguita dagli USA

Che la biodiversità stia diventando un tema sempre più centrale è evidente anche dalla ricerca scientifica: secondo i dati Elsevier dal 2012 al 2021 il numero di paper annuali è raddoppiato, con un aumento nell’ultimo anno (dal 2020 al 2021) di quasi il 15%. 

A dominare la ricerca negli ultimi cinque anni è, appunto, l’UE(41%), seguita dagli USA (21%), dalla Cina e dall’America Latina (entrambe al 16%), mentre l’Africa contribuisce complessivamente al 7% della ricerca mondiale sulla biodiversità.

Sul podio delle istituzioni governative più prolifiche a livello mondiale troviamo la Chinese Academy of Science, il CNRS (il Centro nazionale della ricerca scientifica francese) e il CSIC (il Consiglio superiore per la ricerca scientifica spagnolo). Interessante notare come, tra i primi 10 posti, 3 siano occupati da istituti francesi. Al nono posto, il National Research Council of Italy (CNR). Nel podio delle università, invece, c’è la University of Chinese Academy of Sciences, seguita dall’università di Montpellier e da quella di San Paolo in Brasile.

L’UE ha la leadership nel mondo per Biodiversità

È l’Europa la detentrice della leadership globale per quantità di pubblicazioni sulla biodiversità, con una crescita abbastanza costante dal 2012 al 2018 e un’accelerazione significativa a partire dal 2019. Le altre aree, come USA, Cina, America Latina e Africa, mostrano anch’esse un aumento della produzione di ricerca scientifica in materia di biodiversità dal 2012 a oggi, ma in maniera costante, non con l’accelerazione propria dell’Europa. I Paesi più attivi in Europa sono UK, Germania e Francia in testa, seguiti da Spagna e Italia. Quest’ultimo ha accelerato moltissimo nel 2019, anche se poi ha subito un rallentamento relativo nel 2020.

Focus Italia. Prima negli investimenti in UE

Secondo il report Legambiente 2022, l’Italia è prima in Europa sul fronte degli investimenti per la salvaguardia della biodiversità, con oltre 1,7 miliardi di euro che hanno finanziato più di 970 progetti per la protezione della natura. Eppure, la ricerca scientifica in materia nel nostro Paese mostra l’Italia in quinta posizione in Europa, dietro UK, Germania, Francia e Spagna.

C’è stata allo stesso tempo una crescita in Italia più alta della media: se le sovvenzioni nel 2015 erano circa 15, nel 2022 sono salite a oltre 50. Gli enti con il maggior numero di borse assegnate dal 2010 a oggi sono il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il CNRS e poi l’Università di Bologna, quella degli Studi di Milano, la Federico II, l’Università di Trento e La Sapienza. Mentre l’ente che in assoluto ha assegnato più sovvenzioni per la ricerca in biodiversità è la Commissione Europea: oltre 250 dal 2010 a oggi.

“Un’attenzione che crediamo – dicono da Elsevier – andrà a crescere, complice anche la pandemia: fenomeni come il Covid ci hanno spinto a riflettere sul tema della biodiversità, anche in relazione alle pandemie e al fatto che le attività umane che causano il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità sono le stesse che, attraverso i loro impatti sul nostro ambiente, conducono al rischio di pandemia”. E continuano da Elsevier: “Si tratta di capire quale sia il miglior modo (per tutti) per convivere con le altre specie, cercando di proteggere il più possibile gli ecosistemi e chi li abita”.

Se andiamo ad analizzare gli ultimi anni, dal 2017 al 2022, vediamo che l’Italia ha realizzato 840mila paper in totale e quasi l’1% di questi – 7.492 paper, cioè lo 0,86% per la precisione – ha riguardato il tema della biodiversità (la media globale si attesta allo 0,66%).

Le collaborazioni internazionali

Anche per quanto riguarda le collaborazioni internazionali, il nostro Paese è leggermente sopra la media: il 47% della ricerca italiana è in collaborazione con partner internazionali, mentre la media per l’UE è del 42%, ma nel caso della biodiversità essa è ancora maggiore, arrivando al 58%. “Questo denota per l’Italia maggiore propensione alle partnership nel campo della ricerca sulla biodiversità, una tendenza che tra l’altro pone il nostro Paese in linea con il resto del mondo, dove si passa da una media del 21% per le collaborazioni al 37% sul tema qui analizzato”.

Tra i Paesi con cui l’Italia collabora di più sul tema della biodiversità ci sono il Regno Unito, gli USA e la Germania.

Ai primi posti tra gli istituti internazionali con cui l’Italia collabora di più troviamo il Wageningen university and research e due università francesi, la PSL e la Sorbona. Per quanto riguarda le collaborazioni con le aziende troviamo ben 5 italiane tra le prime 12, tra cui l’EURAC (al primo posto), GenProbio srl, seguito da Eni e poi dal CEINGE-Biotecnologie avanzate Franco Salvatore ed Ecologia Applicata Italia srl.

Sul podio, dopo l’Eurac, l’AZTI spagnolo e il German Collection of Microorganisms and Cell cultures.

Le università italiane più impegnate nella ricerca sulla biodiversità

Tra le università italiane più prolifiche nella ricerca sulla biodiversità ci sono La Sapienza, seguita dall’università di Firenze e poi quella di Bologna.