Home ORE12 Economia DAVOS: POCHE CERTEZZE TROPPE ASPETTATIVE

DAVOS: POCHE CERTEZZE TROPPE ASPETTATIVE

La recessione prevista per il 2024, presumibilmente a partire dal terzo trimestre dell’anno in questione, è probabile ma non certa. Da Davos – consesso inutile come quasi tutte le riunioni di questo tipo – emergono banalità ma nessuna previsione

di Luca Lippi

La conclusione più certa è che l’UE è l’area geografica che soffre di più ed è in forte ritardo su tutti i presumibili segnali di ripresa economica rispetto a Stati Uniti e Cina. Per non parlare della catastrofica previsione degli austriaci che già ci vedono aggrappati con le unghie all’orlo del baratro. Non è scandaloso ma non potrebbe mai emergere nessuna verità da queste riunioni elitarie. Non fosse altro perché nessuno è in grado di leggere il futuro. Investiremmo il nostro tempo e il nostro denaro nel campo delle scommesse sportive invece di vestirci come pinguini e salire su pedane ad annoiarci ed annoiare.

Ore12 ha già affrontato l’argomento della recessione diverse settimane fa, tuttavia è utile sempre ricordare che l’Economia non è una scienza esatta, è umana, fatta di comportamenti dei risparmiatori. I comportamenti evolvono in modo tutt’altro che razionale perché di mezzo c’è la psicologia umana; quindi certi fenomeni sono prevedibili ma non c’è nulla di scientifico. Nell’articolo sulla recessione si è fatto riferimento all’inversione della curva dei rendimenti, un indicatore adeguato proprio a intravvedere fenomeni recessivi. Tuttavia, Campbell Harvey – inventore dell’indicatore – è il primo a sottolineare che, seppure molto preciso, potrebbe generare un falso segnale per la sensibilità ai diversi contesti in cui si sviluppa.

Raffreddamento economico

Data l’ampia premessa, allo stato dell’arte non è ancora il caso di parlare di recessione, piuttosto di raffreddamento economico. Negli ultimi quattro anni siamo stati sferzati da una pandemia; nel 2020 una contrazione economica senza precedenti – meno 9% di Pil per l’Italia, meno 6% per l’Europa -. Il 2021 con una ripartenza a razzo che ha prodotto un’inflazione superiore al 9% per la prima volta in 40 anni; il più veloce aumento dei tassi d’interesse nella storia; una devastante sequenza di fallimenti bancari – seppure regionali – nella storia degli Stati Uniti. Il prezzo del petrolio che è aumentato del 140% nel giro di qualche mese; il mercato immobiliare più costoso della storia negli Stati Uniti, ma anche in Italia abbiamo un mercato che è molto costoso in relazione ai redditi delle persone. La più bassa domanda di mutui dal 1995 negli USA. Si potrebbe andare avanti ancora, ma il messaggio è che negli ultimi quattro anni non abbiamo avuto a che fare con degli eventi particolarmente prevedibili. Figurarsi fare previsioni in questi contesti!

Oggi, con due guerre in corso e con la crisi del canale di Suez, dobbiamo aspettarci un nuovo blocco delle forniture. Con relativo aumento di costi delle materie prime (così come è accaduto durante il lockdown). Una sorta di déjà vu con relative conseguenze altrettanto note. Un raffreddamento economico non può far pensare alla recessione. Tanto è vero che nonostante tutte le sventure di cui sopra, nel 2022 c’è stata una ripresa importante dei consumi, nonostante l’avanzata galoppante dell’inflazione. Di differente, rispetto ad oggi, è che non c’è l’helicopter money (soldi a pioggia) come nel 2020 e 2021. Quindi questa variante rispetto ad oggi potrebbe fare la differenza.

Aspettative per quest’anno?

Le proiezioni di crescita economica per il 2024 da parte del Fondo Monetario Internazionale (attenzione: sono di ottobre 2023, non ci sono proiezioni più recenti pubblicate) sono le seguenti:

Come si vede dall’immagine, si conferma una crescita modesta, di sicuro non è recessione. I dati aggregati degli Stati Uniti sono ancora tutti sostanzialmente buoni, quindi non si defila all’orizzonte nessuna contrazione prevedibile. I tassi di interesse sui mutui scendono – di poco – ma sottolineano che per il mercato immobiliare c’è previsione di ripresa. Questo è il dato – insieme ad altri – che maggiormente sintetizza un clima di sostanziale tranquillità per il futuro. Quest’ultimo è un aspetto potenzialmente positivo per l’economia che cancella l’aspetto fortemente negativo dell’anno precedente.

In un articolo del WSG:

Ovviamente i redattori stimano sulla base dei dati a loro disposizione alla data dell’estensione. Se i futuri dati dovessero evidenziare un crollo nella stima dell’occupazione ovviamente cambierebbe ogni supposizione. Nell’articolo si legge che da un sondaggio fatto dalla testata su una platea di economisti, le probabilità di una recessione scende al 39%. Rispetto al 48% di probabilità ipotizzato dai medesimi economisti intervistati ad ottobre 2023.

In effetti, dal picco massimo di ottobre 2022 (63%) data di rilevazione – stessa metodologia seguita dal quotidiano – c’è stato un netto miglioramento anno dopo anno. L’economia, nonostante tutte le difficoltà, si è dimostrata particolarmente forte e capace di fare fronte alle avversità. Tuttavia, ogni settore resiste in base alle sue caratteristiche e il raffreddamento dell’economia colpirà comunque, ma in maniera diversa.

Sempre nell’articolo si legge che il campione di economisti intervistati prevede un peggioramento importante nel settore dell’assistenza sanitaria e sociale (67%). Soffrirà un po’ il comparto alberghiero (12%) e in via sempre minore i comparti delle costruzioni, l’editoria, manifatturiero e i servizi tecnico scientifici. Sofferenza che inevitabilmente sottoporrà a stress l’occupazione o semplicemente bloccherà ogni possibilità di aumento salariale. La manifattura, settore sempre molto sensibile alle contrazioni economiche, resta il termometro che ogni operatore economico guarda con maggiore attenzione. Purtroppo non offre dati particolarmente confortanti se relazionata alla vastità della platea cui fa riferimento – il peso dell’uno per cento del manifatturiero non è lo stesso dell’uno per cento del welfare -. La manifattura è associata a beni che devono essere acquistati, spesso con un finanziamento, se i tassi di interesse sono alti è più complicato finanziare acquisti e quindi il settore scivola in sofferenza trascinando a domino diversi altri settori.

Cosa terrorizza gli analisti

Per confermare lo scenario attuale – semplice raffreddamento ma sostanziale tenuta dell’economia a pur eccessivi stimoli negativi – si deve prestare attenzione ai fenomeni che potrebbero far saltare questo debole equilibrio. Uno fra tutti è tecnicamente noto come “bullwhip effect– effetto frusta -. Una ripartenza del fenomeno inflattivo dopo un primo segnale – potenzialmente sovrastimato – di un contenimento del fenomeno inflattivo stesso. Questo fenomeno – per gli appassionati di storia dell’economia – accadde nel ciclo inflattivo dal 1974 al 1982. Dopo una prima contrazione dell’inflazione, nel 1977 è ripartita arrivando a tassi di interesse oltre il 20% (i boomers non possono averlo dimenticato). L’effetto frusta è quello che non ci si deve augurare mai! A tale proposito, la Lagarde è stata piuttosto chiara sottolineando che non ci saranno nuovi rialzi dei tassi a patto che non ci siano nuovi shock. Però, analizzando gli ultimi dati Eurostat…