Home ORE12 Economia GERMANIA: COL FRENO TIRATO NON SI CRESCE

GERMANIA: COL FRENO TIRATO NON SI CRESCE

Felix Mittermeier

La Germania non esce dal vortice. Dal 2020 è il paese con la minor crescita di PIL nazionale e anche la nazione con la minor crescita di Pil pro-capite. La produzione industriale è su una traiettoria che da diversi mesi preoccupa. La locomotiva industriale d’Europa è in grossa difficoltà

di Luca Lippi

Necessario ricordare che la Germania vale il 30% del PIL dell’intera area Euro ed è il primo partner commerciale per l’Italia. È l’unico paese dei G7 a non essere cresciuto lo scorso anno in termini di PIL. E secondo le stime del FMI dovrebbe essere il peggiore paese con le proiezioni di crescita peggiori anche nel 2024.

La Situazione Economica Tedesca (Fonte MF)

La Germania si ritrova ora ad affrontare problemi nuovi e inaspettati con logiche vecchie. È innanzitutto il settore industriale, principale motore dell’economia, a trascinare il Paese verso il basso. Il suo mix energetico, basato essenzialmente sul gas e sul carbone dopo l’abbandono dell’energia nucleare, ha pesantemente risentito del conflitto russo-ucraino. Facendo lievitare i costi per le aziende del settore.

Anche il settore immobiliare è in grave difficoltà. Nell’ultimo decennio la Germania ha assistito alla formazione graduale di una bolla immobiliare residenziale. Dalla fine del 2013 a fronte di una carenza strutturale di alloggi, accentuata dall’afflusso di immigrati a partire dal 2015, il prezzo medio dell’immobiliare è cresciuto. Raggiungendo, a metà del 2022, un picco di oltre il 100%. Da allora di fronte all’incremento sostenuto dei tassi di interesse, alla diminuzione dei redditi reali e al rallentamento economico, i prezzi sono scesi di oltre il 15%. Questa spirale negativa ha pesantemente impattato l’edilizia, settore che sta subendo una delle flessioni delle sue attività più pronunciate di sempre, peggiore di quella del 2008.

A tutto questo, che non nasconde una grossa crisi diffusa da cui è molto complicato uscire fuori, si aggiunge il forte disagio dei tedeschi che cominciano a tremare nelle loro certezze reddituali. In particolare la categoria dei pensionabili, cerca disperatamente di continuare a lavorare anche dopo l’età media pensionabile (64 anni) perché l’assegno di quiescenza è troppo debole a fronte degli importanti aumenti dei prezzi al consumo.

Dati economici

Crescita del Pil tedesco nell’ultimo trimestre del 2023 – 0,3%. L’indice dei direttori acquisti (PMI) nel mese di marzo 2024 sotto 50 – I valori al di sopra del 50.0 indicano espansione mentre i valori inferiori al 50.0 rivelano lo stato di contrazione -.

Le difficoltà a generare crescita economica derivano principalmente dai pochi investimenti. Infatti la Germania investe meno in infrastrutture pubbliche in confronto a tutti gli altri paesi sviluppati – è in buona compagnia insieme all’Italia e alla Spagna –. Solo negli ultimi mesi ha messo in agenda uno stanziamento per 7 miliardi di euro, finalizzato alla revisione e ristrutturazione del settore ferroviario dopo i disagi dell’inverno scorso. Nonostante tutto gli analisti tedeschi hanno valutato l’investimento insufficiente e in ritardo.

Gli investimenti sono molto ridotti anche da parte di investitori esteri. Questi ultimi stanno progressivamente abbandonando gli stabilimenti sul territorio tedesco a causa dei costi dell’energia troppo elevati e anche per mancanza di manodopera. Da segnalare che peggio della Germania ci sono Spagna Italia e Ungheria. In questi paesi, tasse elevate, infrastrutture inadeguate e eccessiva burocrazia – oltre i costi vivi di produzione -.

Solo nel 2023, 135 miliardi di investimenti sono usciti dalla Germania – imprese tedesche che vanno a produrre in paesi esteri – e solo 10,5 miliardi sono entrati. Il dramma è che, al netto della crisi globale, quasi tutti i problemi della Germania sono generati internamente.

La demografia

La Germania sta vivendo la contrazione più elevata tra la popolazione in età lavorativa rispetto a tutti gli altri paesi sviluppati. Secondo il FMI la prospettiva di declino (a cinque anni) della popolazione in età lavorativa tedesca è più del doppio di quella degli altri paesi del G7. Ovviamente questo comporta problemi di sostenibilità per i conti pubblici e per il welfare, oltre non generare “clienti” per il mercato interno in grado di assorbire la produzione futura.

La finanza pubblica

La Germania ha un debito bassissimo rapportato al PIL (sotto il 65%). La possibilità di stimolare l’economia con incentivi pubblici ci sarebbe, ma la loro rigidità fiscale non conferisce elasticità nel forzare deficit per stimolare l’economia.

Per chiarire meglio: la Germania avrebbe un ampio margine di manovra sfruttando il basso debito, il basso debito è il frutto di norme costituzionali che limitano enormemente il ricorso al deficit e questo pone la Germania al primo posto dei Paesi più sviluppati con il più basso livello di indebitamento. Tuttavia, questa medaglia ha il suo rovescio! La criticità nella virtuosa tutela delle finanze pubbliche risiede nell’enorme difficoltà del governo a rimodulare o abolire la norma del “freno al debito”. Questa regola nasce nel 2009 a seguito della crisi dei mutui subprime, con lo scopo di rimettere le finanze in ordine. Fu introdotta in Costituzione l’impossibilità di superare un determinato livello di deficit pubblico, fatte salve le eccezioni che sono: emergenze straordinarie e fatto che sono fuori del controllo dello stato. Questo freno al debito, pur essendo una mirabile forma di attenta e oculata gestione delle finanze pubbliche, in situazioni come quella attuale che vede la Germania in forte difficoltà, diventa un limite alla crescita economica tedesca.

Cancellare il freno al debito

Allo stato dell’arte, la Germania sta avviandosi verso alcuni tagli di bilancio in un momento in cui la sua economia ha bisogno di sostegno (spesa pubblica). Il governo tedesco si trova di fronte il dilemma di cancellare questo “freno al debito” per potere agire con maggiore flessibilità sui conti pubblici, ne gioverebbero anche gli altri paesi della UE.

Il ministro delle finanze tedesco sta sostenendo la cancellazione del “debt brake” in Costituzione. Secondo quanto emerge dalla relazione di Christian Lindner (ministro delle finanze) “questo non aumenterà il potenziale debito” ha detto all’assemblea. In sostanza sostiene di aumentare la spesa pubblica ma affidandosi a un moltiplicatore che, nella specie di fatto, deriva dagli INVESTIMENTI” pubblici e non è “spesa a pioggia”. La tesi del ministro è supportata anche dal primo ministro Scholz.

Di certo dovremo aspettare la fisica dei gangli burocratici prima di godere i frutti del rilancio economico della locomotiva europea.