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CREDIT SUISSE, AL DI LÀ DEL GOSSIP FINANZIARIO

Credit Suisse

Credit Suisse è una banca svizzera, la principale insieme a UBS, ed è una banca di sistema. Come ogni banca fa diverse cose, come la gestione dei conti correnti e i risparmi dei propri clienti, assiste le aziende nella gestione patrimoniale. Oltre questo, come tutte le banche, si occupa di fusioni e acquisizioni societarie, sottoscrizioni di IPO e di debito. Si occupa di Mercati secondari – azionari e obbligazionari- per gli addetti queste attività sono rubricate sotto la voce di investment banking

di Luca Lippi

Credit Suisse, come tutte le altre banche, dall’attività di Investment banking trae il maggior profitto. Quando i mercati sono sereni e vanno bene, il reparto addetto alla trattazione titoli di un istituto di credito riceve l’invito dai propri clienti a partecipare
al banchetto e la banca guadagna molto sulle commissioni di sottoscrizione e di vendita per ogni singola operazione.

Per fare un esempio pratico: se un cliente al mattino concede la disponibilità di lavorare per tutta la giornata mille CHF (Franchi svizzeri), la trattazione titoli opererà, nell’interesse del cliente, diverse operazioni di acquisto e vendita per l’importo pattuito. Se le operazioni di acquisto e di vendita sono cinque nell’arco di tutta la giornata, la banca incasserà le relative commissioni di acquisto e di vendita – in totale dieci commissioni- che ai costi correnti si muovono da uno 0,05 per cento a 0,17 per cento. Fare i conti è piuttosto semplice.

In sintesi, muovere mille CHF per dieci volte significa creare un volume di 10 mila CHF su cui la banca guadagna e questo movimento lo genera ogni giorno per centinaia di migliaia di clienti.

Quando i mercati vanno male

La procedura di cui sopra subisce una contrazione ma, soprattutto, quando i mercati non sono “sereni” le aziende si quoteranno? La risposta è NO. È complicato ipotizzare che un’azienda possa emettere obbligazioni indebitandosi sul Mercato in un trend di tassi in salita.

Per questo motivo, molte banche, ma nello specifico Credit Suisse, solo nella divisione investment banking, dal secondo trimestre dello scorso anno (aprile-giugno) ha perso oltre un miliardo di CHF. C’è da ribadire che l’attività di quotare aziende, emettere debito in sottoscrizione di bond e altro necessita l’impiego di enormi disponibilità di denaro.

Cosa è accaduto quattro mesi fa’

Già da luglio del 2022, la Tesoreria aveva deciso di rimodulare l’attività dell’investment banking -in gergo si chiama revisione strategica-.

In sostanza la divisione doveva trasformarsi in capital light, cioè assumere funzioni profittevoli ma senza la necessità di molto capitale. Gli osservatori esterni, soprattutto i tedeschi che sono piuttosto esperti di malagestione bancaria ed espertissimi nell’usufruire di aiuti dallo Stato, fanno notare che Credit Suisse sta ristrutturando, ma la fattibilità è condizionata al risanamento di un buco di quattro miliardi di USD.

Come è stata interpretata questa intemerata? Credit Suisse è a corto di liquidità! Ecco che il Financial Times, il ventidue settembre 2022, pubblica indiscrezioni secondo le quali Credit Suisse sarebbe costretta a vendere attività profittevoli per fare cassa ed evitare di ricorrere al Mercato indebitandosi in un periodo dove indebitarsi sarebbe eccessivamente oneroso.

Quindi Credit Suisse avrebbe deciso di ristrutturare la divisione di Investment Banking in tre sottogruppi: advisory business (quella che gestirebbe le attività principali), una bad bank (dove mettere tutti gli asset deteriorati) e una terza divisione all’interno della quale convogliare tutto il resto dell’attività bancaria.

Panico

Gli analisti tedeschi e l’articolo del Financial Times allarmano i Mercati e il titolo in Borsa perde il venti per cento in sole quarantotto ore. Il trenta settembre, il Ceo della banca scrive ad alcuni clienti, quelli che formano lo zoccolo duro della banca, rassicurandoli sulla posizione finanziaria dell’istituto di credito che non ha alcun problema di liquidità.

Questo, sempre per gli osservatori esterni, sommato alla cessione dell’Hotel Savoy, proprietà storica della banca svizzera, è interpretato come un segnale negativo, tanto è vero che i CDS (sono una specie di assicurazione, tecnicamente dei derivati, cioè contratti che scommettono sul fallimento di una società) schizzano in ottobre 2022 da 225 punti base a 331 (un salto incredibile!), questo è sufficiente per giustificare, secondo Bloomberg, un rischio di fallimento concreto della banca svizzera.

Nuovo 2008

Credit Suisse è una delle principali banche del continente europeo, sulla base delle voci dei gufi della finanza è sicuramente una catastrofe assimilabile a quella di Lehman Brothers, ma sono solo parole! Inoltre nel 2008 c’erano altre regolamentazioni di vigilanza assai meno stringenti di quelle attuali.

La realtà è un’altra

Fuori dal gossip finanziario (ormai tutto è ridotto a questo), a chi vive di pane e Borsa da tutta la vita non sfugge un “dettaglio”. Se gli analisti tedeschi parlano di un buco di quattro miliardi di Dollari, considerando che Credit Suisse ne vale dieci, come hanno calcolato questo importo?

Facciamo delle ipotesi

Il Financial Times ha scritto che Credit Suisse avrebbe in programma nell’immediato, di licenziare il dieci per cento della forza lavoro che allo stato dell’arte è di 45 mila persone. Prendiamo per buona questa notizia e facciamo un velocissimo calcolo: Credit Suisse, normalmente, liquida due settimane di lavoro per ogni anno lavorato, calcolando uno stipendio medio di 100mila Dollari annui, fanno quattro mila per ogni anno. Su una media di dieci anni di lavoro, grossomodo, il totale è 40mila dollari per ogni persona licenziata. Quaranta mila USD per 4500 persone, totalizza 180 milioni di Dollari.

Per gioco possiamo anche raddoppiare le stime, e arriviamo a raddoppiarle, resteremo però lontanissimi dai quattro miliardi di Dollari stimati dagli analisti tedeschi. Dobbiamo sommare altre ipotesi di emorragie contabili prima di arrivare a quattro miliardi di Dollari! Dovendo ristrutturare l’investment banking, presumibilmente venderanno asset in perdita che ancora non si conoscono perché, finché non c’è una cessione, le perdite non sono certe.

In realtà, in bilancio anche le perdite teoriche vanno a ridurre il valore degli asset. Di sicuro manca il periodo che va dal giugno 2022 a giugno 2023, e sicuramente avranno avuto altre perdite, ma dobbiamo aspettare l’ultimo bilancio per averne contezza. Sempre gli analisti tedeschi parlano di pressioni per aumentare i requisiti di capitale, e allora andiamo a controllare qual è il CET1 (parametro utilizzato per calcolare la solidità patrimoniale di un istituto di credito) ultimo di Credit Suisse.

All’ultima rilevazione ufficiale del 2022, la banca svizzera è sopra al 13 per cento di capitale minimo (esattamente 13,5) ma secondo Moody’s presto scenderà sotto il livello minimo di 13 e sarà costretta a ricapitalizzare. Riferendoci all’ultimo bilancio, per banca svizzera sarà sufficiente la perdita di un miliardo e trecento mila CHF per scendere sotto la soglia minima di 13 ma, i conti non tornano ancora! Inoltre agli analisti tedeschi non sarà sfuggito che nello stesso periodo il CET1 di Deutsche Bank è a 13 (0,5 meno di quello di Credit Suisse) ed è già stata a più riprese abbondantemente ricapitalizzata.

Perché tanto allarme per credit swuiss e non per deutsche bank?

Non vi è dubbio che la banca svizzera sia in sofferenza, ma da qui a fare previsioni pessimistiche è esagerato, ma forse anche solo prematuro. Insomma, voltando e ripassando i bilanci, in attesa dell’ultimo, questi quattro miliardi non si trovano. Di certo, non sarebbe intelligente promuovere l’acquisto di azioni di Credit Suisse come se non fosse accaduto nulla a meno che non si voglia scommettere assumendone tutti i rischi, però, per le banche, esiste un problema ulteriore: la profezia autoavverante.

Quando si crea una nube di pessimismo su una banca il cliente di quella banca, sia un semplice correntista o un investitore, si irrigidisce immediatamente e la prima cosa che emerge è l’esigenza di togliere i propri capitali per metterli in sicurezza. Questa cosa non accade, per esempio, al cliente di un’azienda che commercializza pasta di grano duro; che la società fallisca o meno, il cliente finché trova la pasta a scaffale la compra.

Per una banca, quando la fiducia viene meno, anche per motivi irrazionali, ormai il danno è fatto!

Conclusione

Fatte salve tutte le considerazioni di cui sopra, è certo che Credit Suisse è una banca che concretizza perdite da diversi anni, non meno di altre banche più note qui in Italia, i motivi sono per la maggior parte congiunturali e per una buona parte gestionali. Il fatto che alcuni media sottolineino che i fondi arabi l’hanno abbandonata è falso, a ottobre hanno versato nelle casse del secondo istituto di credito svizzero un miliardo e mezzo, ed essendo i primi azionisti di Credit Suisse non possono più versare altro denaro perché supererebbero la quota di capitale del 10 per cento e la Svizzera questo non lo concede.

Seguiranno altri aumenti di capitale, sicuramente interverrà la Banca Nazionale Svizzera e tutto tornerà molto lentamente alla normalità. Se i tempi della profezia autoavverante saranno i medesimi di Deutsche Bank, possiamo stare sicuri che torneremo a parlare ancora di Credit Suisse tra venti anni.